Il treno parte alle nove. Il sole è già alto sul golfo che visto dalla stazione assomiglia a un uncino: si vede una lunga nave rossa e nera entrare nel porto. Con la coda dell'occhio Gina la osserva, poiché col resto dello sguardo scruta l'uomo che l'ha sposata ieri mattina, intento a fissare il sedile verde vuoto di fronte: starà a pensa’ all'amore di stanotte?
L'amore in quella stanzetta profumata di gigli e sudore, dopo lo sposalizio lunghissimo, dove i due sposini si sono liberati della muffa bigotta delle loro case di provenienza.
Andiamo a Roma, in viaggio di nozze. Ci ospita mio fratello, staremo qualche giorno da loro. Mi sembra ieri che a Roma andavo per l’Istituto per orfani, poco prima della guerra. Non sono triste ma neppure felice come dovrei, così come mi ha fatto immaginare Elide: vedrai quant'è bello fare l'amore senza pensieri tutti i giorni.
Salvatore pare si scuota mentre Gina pensa tutta assorta nello scompartimento, tanto che i pensieri di Gina gli sembrano potenti e pare che i vicini li ascoltino per l'intensità e volume. Così si mette a fissarla: ad ascoltarla.
- A ch' stai a pensa’, Ginetta mia?
- Niente, a come staremo da mio fratello…
E le parte un sorrisetto coi denti nascosti che tradisce la paura di non sentirsi libera in quella casa piena di bambini piccoli, nella casa del fratello a Roma. Salvatore afferra la malizia e tenta una carezza ma gli esce di cartavetra, così si volta deluso e si mette a seguire tutto tonto la scia della nave laggiù nel golfo.
Una volta in treno le gambe di Gina sono più disinvolte, e la sua nuova gonna nera di raso emette un suono conturbante che Salvatore coglie al volo provando a essere all'altezza, sfoderando uno sguardo che dovrebbe essere penetrante, ma che Gina interpreta solo torvo, e forse stronzo.
- Perché m’ guard’ stuort’?
- Ma che dici, Gina?
- Sì, mi stai a guarda’ male.
- O madonna mia, ma sii scem’?
- Vedi, pensi ch’ so’ scem’ e bast’.
- Se dici 'ste cose si propri’ scem’.
- Tu pensi che so’ scemetta, vavatten’ va (non lo sopporto con 'sto naso a patata mentre mi fissa come fossi una gatta).
-Ma io ti voglio ben’ accussì (tanta bella ma tanta strana chesta femmn’, allor’ avev’ ragion’ Giosina).
Salvatore non riesce a reagire, a tranquillizzarla, e oramai vede entrare solo montagne brulle dal finestrino.
Alla prima galleria le dà un bacio, col corpo resta sul suo sedile, torce il collo e teso cerca le sue labbra aperte e morbide. Le lampadine fioche dell'Accellerato aiutano la scena a sembrare più oscena, ma lo sfrecciare di un Espresso proveniente da Latina fa tremare le bocche: si scontrano i denti, e a Gina sale un pensiero freddo, di sgomento.
- E ch’ paur’, m’ parev’ ch’ veniss’ accuogl’
- E ch’ paur’, m’ parev’ ch’ veniss’ accuogl’
A questo punto Salvatore, che assorbe tutta la sensibilità di Gina nel suo corpo ossuto, le dà ragione: mamma mia ch' paur’! E rientrano ognuno nei propri pensieri tiepidi.
Gina mangia un biscotto. Salvatore si è addormentato e russa con la bocca aperta. Gina lo guarda come si guarda un cugino dopo pranzo e vorrebbe fuggire via, tornare a casa dalla madre. Lo lascia intendere il suo camminare avanti e indietro nel corridoio, dove si ritrova a urtare tutta agitata un uomo. Questo la prende per le braccia, per non farla cadere. Lei si lascia prendere e sente la propria debolezza, tenuta con forza dall'uomo, come una casa pericolante. Tutto bene, signorina? E lei gli sorride per quel signorina guadagnato sul campo.
Rientra nello scompartimento e bacia Salvatore ancora insonnolito. Approfittano di un’altra galleria, più lunga, più eccitante di quella di Fondi e così, una volta sbucati a Priverno, appaiono appagati e felici davanti a tutta quella pianura non più malarica, ma gravida di un futuro di benessere e kiwi. Pure il controllore se ne accorge, e gli sorride al meglio della sua burocratica presenza.
I pendolari in cravatta sulla banchina di Latina gli mettono buon umore, e fanno pensare a cappuccini giganti, schiumosi, presi prima di andarsi a conquistare il benessere negli uffici di Roma. Ora lo scompartimento è pieno, Gina e Salvatore appaiono ancora più piccoli e soli in quella moltitudine chiassosa, coi loro vestiti buoni s'immolano agli sguardi beffardi dei pendolari.
Continua...
Continua...
uauuu troppo bello leggerti
RispondiEliminami ha riportato veloceveloce in uno dei scompartimenti
di classe b del tren rò sòl che mi portava da trieste a napoli
troppo bello leggere il tuo racconto devo continuare
questa interessante intima lettura :-))
Ehi grazie. Caro anonimo, a breve forse la seconda tappa del viaggio.
RispondiElimina