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sabato 17 agosto 2019

Viaggio di bozze

   Il treno parte alle nove. Il sole è già alto sul golfo che visto dalla stazione assomiglia a un uncino: si vede una lunga nave rossa e nera entrare nel porto. Con la coda dell'occhio Gina la osserva, poiché col resto dello sguardo scruta l'uomo che l'ha sposata ieri mattina, intento a fissare il sedile verde vuoto di fronte: starà a pensa’ all'amore di stanotte?
     L'amore in quella stanzetta profumata di gigli e sudore, dopo lo sposalizio lunghissimo, dove i due sposini si sono liberati della muffa bigotta delle loro case di provenienza.  

   Andiamo a Roma, in viaggio di nozze. Ci ospita mio fratello, staremo qualche giorno da loro. Mi sembra ieri che a Roma andavo per  l’Istituto per orfani, poco prima della guerra. Non sono triste ma neppure felice come dovrei, così come mi ha fatto immaginare Elide: vedrai quant'è bello fare l'amore senza pensieri tutti i giorni.

    Salvatore pare si scuota mentre Gina pensa tutta assorta nello scompartimento, tanto che i pensieri di Gina gli sembrano potenti e pare che i vicini li ascoltino per l'intensità e volume. Così si mette a fissarla: ad ascoltarla.
- A ch' stai a pensa’, Ginetta mia? 
- Niente, a come staremo da mio fratello…

   E le parte un sorrisetto coi denti nascosti che tradisce la paura di non sentirsi libera in quella casa piena di bambini piccoli, nella casa del fratello a Roma. Salvatore afferra la malizia e tenta una carezza ma gli esce di cartavetra, così si volta deluso e si mette a seguire tutto tonto la scia della nave laggiù nel golfo.

   Una volta in treno le gambe di Gina sono più disinvolte, e la sua nuova gonna nera di raso emette un suono conturbante che Salvatore coglie al volo provando a essere all'altezza, sfoderando uno sguardo che dovrebbe essere penetrante, ma che Gina interpreta solo torvo, e forse stronzo.                    

      - Perché m’ guard’ stuort’?
      - Ma che dici, Gina?
      - Sì, mi stai a guarda’ male.
      - O madonna mia, ma sii scem’?
      - Vedi, pensi ch’ so’ scem’ e bast’.
      - Se dici 'ste cose si propri’ scem’.
      - Tu pensi che so’ scemetta,       vavatten’ va (non lo sopporto con 'sto naso a patata mentre mi fissa come fossi una gatta).
      -Ma io ti voglio ben’ accussì (tanta bella ma tanta strana chesta femmn’, allor’ avev’ ragion’ Giosina).

  Salvatore non riesce a reagire, a tranquillizzarla, e oramai vede entrare solo montagne brulle dal finestrino. 
   Alla prima galleria le dà un bacio, col corpo resta sul suo sedile, torce il collo e teso cerca le sue labbra aperte e morbide. Le lampadine fioche dell'Accellerato aiutano la scena a sembrare più oscena, ma lo sfrecciare di un Espresso proveniente da Latina fa tremare le bocche: si scontrano i denti, e a Gina sale un pensiero freddo, di sgomento. 

- E ch’ paur’, m’ parev’ ch’ veniss’ accuogl’

  A questo punto Salvatore, che assorbe tutta la sensibilità di Gina nel suo corpo ossuto, le dà ragione: mamma mia ch' paur’! E rientrano ognuno nei propri pensieri tiepidi.   
     
     Gina mangia un biscotto. Salvatore si è addormentato e russa con la bocca aperta. Gina lo guarda come si guarda un cugino dopo pranzo e vorrebbe fuggire via, tornare a casa dalla madre. Lo lascia intendere il suo camminare avanti e indietro nel corridoio, dove si ritrova a urtare tutta agitata un uomo. Questo la prende per le braccia, per non farla cadere. Lei si lascia prendere e sente la propria debolezza, tenuta con forza dall'uomo, come una casa pericolante. Tutto bene, signorina? E lei gli sorride per quel signorina guadagnato sul campo.   
    Rientra nello scompartimento e bacia Salvatore ancora insonnolito. Approfittano di un’altra galleria, più lunga, più eccitante di quella di Fondi e così, una volta sbucati a Priverno, appaiono appagati e felici davanti a tutta quella pianura non più malarica, ma gravida di un futuro di benessere e kiwi. Pure il controllore se ne accorge, e gli sorride al meglio della sua burocratica presenza.

    I pendolari in cravatta sulla banchina di Latina gli mettono buon umore, e fanno pensare a cappuccini giganti, schiumosi, presi prima di andarsi a conquistare il benessere negli uffici di Roma. Ora lo scompartimento è pieno, Gina e Salvatore appaiono ancora più piccoli e soli in quella moltitudine chiassosa, coi loro vestiti buoni s'immolano agli sguardi beffardi dei pendolari.

Continua...