Sento il
contraccolpo del suicidio annunciato di alcune centinaia di mie cellule
depresse. Erano giorni che ne avvertivo i segnali macabri e invadenti: l’ultimo
ieri sera quando alle sette, poco prima della doccia, non mi hanno lasciato andare
al Circolo degli artisti. Anzi, no, l’ultimo è stato un’ora fa, quando mi hanno
costretto a mettere un cd dei Marlene Kuntz, di qualche anno fa. Mi andava di
ascoltare Nina Zilli, così, per cazzeggiare in vista dell’imminente depressione
estiva, e per illudermi di non dover cadere come sempre davanti alla
fila di auto che vanno al mare, a mezzogiorno, prima di mangiare il panino con
la mortadella, ma subito dopo aver evitato un collasso nervoso all’incrocio
sull’Appia. Insomma, queste cellule mi hanno abbandonato dopo il mio ennesimo
rifiuto di volteggiare con loro nel cielo
disperato dei pomeriggi vuoti; che restano comunque vuoti, ma di un vuoto
necessario, di un magone stagionale che anticipa la resurrezione invernale,
quella sì che sa scaraventare ogni rottame all’aria, e fa piangere le cassandre
da quattro soldi che ronzano intorno al caseggiato. Maledetta felicità gonfiata
dai pubblicitari milanesi, estranea a me come lo è lo smog sul Gran Sasso; sì,
se ne parla, tra un sentiero e un torrente, tra una risata e un bacio, ma è tutto
così lontano! Ora, per farvi capire, la vedo giù a valle oltre l’autostrada,
dietro le ultime case in pietra, di là del lago artificiale verso quei
palazzoni pieni di gente in canottiera a righe.
Occasionale
stupore di voler scrivere tracce bislacche, chiare solo a me. Avevo deciso di
spegnere come cicche gli ultimi slanci, le ultime testimonianze al presente, e
volgere lo sguardo verso facce e luoghi autentici. Non credo esistano più di quanto
ce ne siano in questo specchio di bit dove mio cugino elargisce onestà come se
fossero caramelle sulle teste dei bimbi nel ’44, nelle strade di Roma in festa.
Certo, un’idea, uno slancio l’avrei pure: ci vorrebbe una festa liberatoria da
organizzare per tutti quelli che leggono e sbuffano, spulciano e piangono
dentro queste schermate indiscrete. Va', prepara il giardino e le sedie, le battute
e le tovaglie, che qui bisogna apparecchiare la tua storia.