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venerdì 30 dicembre 2011

Bye bye baby


Bye bye baby
Con un titolo così cosa potrei scrivere d’interessante?ma chi te l’ha chiesto? Direste voi in coro, cari spettri sempre più divertiti di me, e delle mie velleità comunicative. Tant’è, direbbe lo Scrittore - agronomo.
Invece, mi viene da raccontare una corsa che feci la notte di capodanno con un mio amico: una corsa in mezzo ai campi, pioveva, e non sapevamo bene dove stavamo mettendo i piedi, era tutto buio; arrivammo fino al confine col fiatone e la gioia nello stomaco. Non riuscivo a dirgli nulla, solo urli da ubriaco forzato. Eppure. Passava tra di noi un calore impressionante. Un delirio amicale consumato di corsa. Questo perché lui era davvero mio amico, e, cosa che mi viene difficile oggi, se avevo voglia di parlargli o di prenderlo per il culo, era semplicissimo: lo sentivo.
Ecco, cosa sento quest’anno? Certo, sono diventato saggio e una corsa come quella non la farei più: infarto da panza (nascosta) in agguato. Vergogna? Chissà. A dire il vero non sono mai stato tanto coraggioso come in quest’ultimo periodo. Altro che antagonisti de’ noantri, a me, non fa paura nessuno, e con le parole potrei stendere chiunque; ma a cosa servirebbe? La verità è che il mio vagare randagio tra le persone degli anni scorsi mi ha fatto conquistare spazi sociali inimmaginabili prima, anche se ora non so proprio cosa farne di queste conoscenze acquisite in fatto di persone o cose, animali o città. Preferivo sempre i trenini elettrici, anche se babbo natale mio era proprio un tirchio scornacchiato.
Ma in fondo sono solitario nei pensieri, nelle complicità: sempre rigoroso, nemmeno fossi Monti alle prese coi soldatini di piombo, che sono diventati poi i nostri parlamentari. No, è che credo davvero nell’individuo e poco, sempre meno, nei clan amicali o parentali.
Scappo in Svezia con tutta la famiglia? Una volta avrei detto Reggio Emilia, mi accontentavo. Ma ora lì c’è un altro clan, casalesi o giù di lì, che non perdona. Altro che individualismo (r)esistenziale. E capit’ a me?
Mi vedo dentro un furgone wolksvagen con altri ragazzi conosciuti quella sera, notte del capodanno dell’ottantasei, rido curioso per gli infiniti giri tra case e locali del golfo: non sapevamo proprio che cazzo fare, e così lo facevamo proprio bene.

    Che poi mi ritrovo ad ascoltare un concerto di musica lirica nella biblioteca del mio vecchio quartiere, e alla fine, dopo varie emozioni - ho capito che mi piace la lirica - durante il brindisi cantato mi sono proprio commosso. E liberato delle zavorre del mio tempo? Forse sì, forse ancora non del tutto. Poi arrivo a casa e mi godo tutto il film di Martone “Noi credevamo”, che mi fa arrivare a un’amara considerazione: oggi come allora se nasci figlio d’operai, non è detto che lo faccia pure tu l’operaio ma, sicuro, avrai un sacco di problemi nel corso della vita: economici ma soprattutto di collocazione sociale, perché oscilli come un trapezista di periferia in groppa a le correnti gravitazionali della tua generazione. E’ così, e quanto mi costa dirlo lo sa solo la mia speranza svergognata.
Come mi andrebbe di scrivere che è stato un anno di merda, sarebbe facile e comodo; invece racconto il sogno di stanotte: urlavo, in una stanza istituzionale grande e opaca, che la mia “azienda sociale” aveva commesso un’ingiustizia contro di me (ma dài?). Sentivo che avevo proprio ragione….poi si aggancia un altro sogno di una discoteca di Gaeta( la giovinezza?) che non aveva una decente uscita di sicurezza, e tutti a cercarla tra intercapedini e muri screpolati. Per me è tutto chiaro ma, aspetto, tanto so aspettare, che qualche amico stregone o semplicemente psicologa, mi dia il responso finale.
Falliti di tutto il mondo falliamo tutti insieme e, soprattutto, beviamoci su fiumi di rosso della casa.

giovedì 29 dicembre 2011

c'ero, e non dormivo.


Questo libro di Francesco Piccolo l’avevo preso anni fa; provai a leggerlo ma non ci riuscì, ché già dalle prime pagine non mi prese né incuriosì. Ora, appena finito di leggerlo tutto di un fiato, e quando leggo tutto di un fiato, di solito, si tratta di un buon libro; ora, posso dirlo, che valeva la pena spolverarlo e leggerlo. Caspita c’è il passaggio dall’adolescenza al “chissà cosa sarà di me”, che è raccontato davvero bene attraverso un innamoramento lungo e tortuoso, senza mai trastulli romantici o che.
Capisci che l’equilibrio narrativo, quello che ti cattura e ti molla solo alla fine, sta nel modo in cui gli avvenimenti sono vissuti dal protagonista, nelle sue vicissitudini con i coetanei tra scuole e vie di Caserta, e sullo sfondo il mondo che sembra ancora distante da quelle intensità private. Il romanzo è pieno d’azione che si mostra anche attraverso pensieri in movimento, nei percorsi del ragazzo. I suoi pensieri ironici o anche struggenti, come le pagine sulla malattia del nonno, ci guidano nella mappa emotiva del protagonista. Il dolore del passaggio d’età si attenua pensando all’autenticità dei suoi sguardi sugli altri, che ci proiettano verso un uomo pronto ad altre infinite prove. Gli spazi dove il protagonista dichiara i propri sentimenti sono un campo di basket, una scuola e alcune case, poi intorno rimane la cornice di una città di provincia: e ci mostra un mondo che esplode nella testa e nel cuore di un ragazzo.
Belle le infinite “chiacchiere” sui presunti testimoni dell’aggressione a Dario: una fotografia ironica e dolente di certi ambienti di provincia dove a volte le parole formano nuvole nere, e dove la pioggia tanto, forse, non cadrà mai.
Non sarebbe male farci un film.



http://www.anobii.com/books/E_se_cero,_dormivo/9788807701009/0147bc413bb8eddcff/

mercoledì 28 dicembre 2011

cosa significa sociale?


Il grigio della stazione Termini mi prende sempre la testa, e la sbatte giù, insieme a tutta la ciclotimia di stagione che, come i saldi anticipati, quest’anno neanche aspetta i bilanci di fine anno. Neanche. Poi scende un pensiero che riporta a galla parole acide che non vorrebbero uscire mai di bocca; quindi, scrivo.
Quella stretta camicia nera faceva splendere ancora di più quelle ombre sotto i tuoi  occhi scuri. Questo pensavo tempo fa: ma ora mi arriva solo il suono.
Compulso dentro questo blog alla ricerca di cliccate statistiche che raddrizzino per qualche giorno la mia autostima. Mi sento come un toast: schiacciato tra il passato e il futuro, lascio vedere il formaggio fuso per darmi un tono, per attirare topi…rosicchiare sarebbe un mestiere con un po’ di futuro, non come le concessioni pelose che fa il comune alle scialbe cooperative sociali. Che poi “sociale” ricorda tristi epoche, che mi portano fin dentro all’istituto per orfanelli che poggia come santuario del bene su splendidi colli, oggi non più malarici. Sento le urla di quelle bambine, e il loro incessante aspettare di rabbia famiglie o orchi, piuttosto di stare là a dare potere a preti e suore che la storia farebbe bene a scacciarli via: nel gorgo del male di dittature reali o di fatto. Le sento, dicevo, e stavolta non mi tappo le orecchie: mi faccio forza e provo a testimoniare almeno le scorie di quei misfatti sulla pelle di quei bambini. C’era la guerra e il male dava forma a giustificazioni ancora oggi sopravvissute. Non darò nessuna gloria al boia, mentre mostra i suoi muscoli “sociali”; ma solo di facce, ombre e corpi stretti in camerate piene d’ingiustizie mi resta da scrivere. Domani, che oggi barcollo in maniera penosa.


sabato 24 dicembre 2011

buoni propositi

Alfredo dov'è? ancora nascosto nel suo racconto pieno d'amore, che non c'è più. E Antonio, con i suoi ragionamenti sentimentali? ancora lontano dall'Italia, da me. Chiara lo so dov'è, da nessuna parte. Mannaggia.
Restano gli amici, i fantastici amici, che acchiappano tutta la cenere delle emozioni che trasudano le pareti di questo blog.
E mia moglie, che sa dov'è tutto l'amore che c'è.
I miei figli che nascondono per bene tutto l'affetto che c'è.
Poi ancora un tempo devastato dalla realtà, che fino a ieri, fino a poco fa, fino all'arrivo del ghiaccio sotto i miei piedi, beh, tutto quello che c'era si era depositato sotto i pilastri delle mie illusioni. Frantumate ormai, almeno per questa stagione.
Care belle illusioni che sventolano davanti ai miei denti, stretti e pochi.
Ecco, arriva Fiumani come sempre, come la primavera, e presenta 'sto pezzo così delicato pieno d'attese. Quanto sei spiazzante e proprio "a cazzi tuoi", davvero bello questo approccio, Fiumani caro.
Godetevi 'sto video fratelli e sorelle.

venerdì 23 dicembre 2011

parole distese







Cercavo parole e un mattino gelido le ha trovate:
erano distese come donne grasse e sensuali
Aspettavano me