Me ne stavo spensierato dentro questo
settembre e finalmente, dopo i soliti abbagli d’agosto, vedevo nitide le
persone e questo mi aiutava a far sfumare via l’ansia, mi faceva respirare bene e
pensare: caspita la vita quando arriva così. Poi piomba la notizia che ti hanno
bocciato. Proprio oggi che hai organizzato una bella cosa, tutta tua, che hai
condiviso facendo rappare quattro ragazzi, due venuti addirittura da Torino, in
un locale chiamato Dissesto musicale. Ti cercavo con gli occhi mentre
incoraggiavi i “tuoi” rapper, o abbracciavi due fan venuti apposta da "Battistini", o dopo quando dialogavi come un grande col gestore del locale.
Durante la serata ti hanno applaudito e ringraziato: a detta loro senza di
te loro non avrebbero mai “rappato 'sti pezzacci”. Io me ne stavo seduto al
tavolino, con una smorfia un po’ troppo alla Nanni Moretti, a vaneggiare lieve:
stasera sei sbocciato, altro che bocciato. Eppure a volte i fiori stordiscono
di profumo, e sono assediati da api e insetti, e subiscono grandinate. Insomma,
sto provando a rimanere in piedi per tenere ferma la nostra barchetta in mezzo
a questo mare che sembra di bonaccia, ma che in un attimo potrebbe mascherarsi
da tempesta. Certi fiori sono semplici, quando la luce li investe davanti, poi
li osservi al tramonto e ti sembrano minacciosi, accesi di sfumature rossastre.
Scrivo così perché sono confuso, non deluso, casomai spaventato; in fondo
preoccupato come gran parte dei padri che, finché non ti sentono rientrare, e
bere un po’ d’acqua, e accarezzare il gatto e spegnere la luce, immaginano che
un intero mondo ti stia inseguendo, ingannando o semplicemente ancora cercando.
I tuoi sedici anni oggi sanno di una settimana di video girati alla Storta e al Pincio, di registrazioni a Re di Roma e prove serali al parchetto vicino casa. Con tuo fratello che ha avuto la gloria di aprire la serata con una “sua base”, e tua madre che chiacchierava di te con parole adoranti tra mojiti e amiche.
Sono ingombrante come certi mobili scuri, pressante come certi temporali, e adorante come i cani al mattino. Chissà tu come mi vedi, e come mi assorbi o respingi in queste nostre giornate che qualcuno deve pur raccontare: ingombrante come una telecamerina nascosta male.
Eccomi che ti sto ancora aspettando, e immaginando, fissando la
tua imminente risposta whatapp, in mezzo a questo fracasso di silenzio di una
giornata che sa tutta di te.
Mi salgono a galla pagine di libri, canzoni lontane, parole non
dette, e mi sento più solo che mai, più forte di sempre, e pronto a esserci
svestito d’ansia, così come m’implorano rabbiosi d’affetto i tuoi occhi belli.