Sono uno di
fronte all’altro, dietro c’è il melograno appena germogliato. Sotto i loro
piedi erba brulla che ricorda certe aiuole trascurate del paese. Lei accavalla
le gambe mostrando impazienza. Lui sembra lontano, diffidente del momento. Poco
prima era successo di nuovo, alla fine del pranzo, che aveva preparato con la
solita cura e passione, e che lei aveva apprezzato al punto da dargli un bacio
subito dopo aver buttato giù l’ultima vongola; tra quel bacio furtivo e la
litigata sarà passato un minuto. Giusto il tempo per lui di sorseggiare in
maniera trionfante la falanghina. Lei fa una domanda, che poi era un ricordo di
tanti anni prima, e lui, al suono di quelle parole, in realtà un suono dolce e
non accusatorio, sentendo quelle parole inaspettate sbatte il bicchiere sul
tavolo e si alza di scatto. Lei si ritira nelle sue minute spalle e sbuffa,
senza farsi sentire. Ma sbuffa, e lo fa pensando a quando lui scattava per
molto meno e di tutte quelle serate rovinate da una parola fuori posto, in
quegli anni della loro giovinezza. Erano lontani quegli anni, ma non in
quell’istante dello scatto di nervi d’oggi, che è apparso come un vecchio film
in bianco e nero. Di violenza e silenzi.
Si era andato a sedere davanti al melograno.
La moglie l’ha seguito. Prima passando per il bagno per piangere un po’ in
santa pace. Mostrarsi debole non le è mai piaciuto, figuriamoci oggi, dopo
tante conquiste sudate e ancora fragili da gestire.
Una leggera
brezza tiepida smuove la scena. Lui si abbassa con la testa e le spalle verso
la terra. Lei ora lo fissa come quando lo desidera e poi glielo lascia capire
con due o tre mosse da femmina. Lui non la vede ancora. Nessuno dei due voleva
ritornare su quella frase che riguardava il passato remoto, era chiaro da tempo
la volontà ferrea, tacita, di lasciar scorrere il tempo. Un compromesso che
fungeva da tensostruttura sulle loro esistenze. Ma non parlano né si muovono.
Dentro la loro casa c’è una radio che libera canzoni d’amore italiane. I vicini
stanno prendendo il caffè e si capisce che affrontano allegramente la questione
di dove passare le prossime vacanze estive, sembrano eccitati mentre scorrono
dépliant di località patinate del Mediterraneo.
Di solito a
quest’ora fanno l’amore, dopo pranzo gli è sempre piaciuto, più della sera, con
quel cibo appena gustato e il vino bianco ancora in funzione: a quel punto alle
mani e alle bocche resta un teatro aperto, dove rappresentare la tensione nel
desiderio.
“Guarda che
quella volta a Perugia hai sbagliato tutto, e io avevo ragione. Devi solo
ammetterlo e non farti il sangue amaro. Poi sono passati dieci anni caro mio”.
Ora la sua
faccia si fa manovrare dai nervi e ghigna pronta ad attaccare. Il risultato è
fiacco e non procura niente, la tensione che c’era rimane tale e quale a prima
della frase esplosa nella bocca della moglie. Una zolla è soffocata da un
calcio del suo piede sinistro, in silenzio, nessuno se ne accorge.
“Io ho sbagliato
sempre con te, tu incarni proprio lo sbaglio”.
“Smettila, e
lasciati andare. Capisci quando non ha senso combattere?”.
“Facile per te,
che trovi sempre la maniera di massacrarmi”.
“ Lo sai che gli
spaghetti erano proprio buoni? Sei un’artista sei”.
A questo punto,
con tutta la bocca di olio, vongole e falanghina, gli da un bacio con la lingua
che si agita nella bocca di lui come una vipera. Lui cede, ma rimane rigido e
spera in una sua imminente leggerezza, opportuna e scaccia crisi. Lei insiste, perché
oggi non potrebbe fare altro, allora si sfila la maglia e si butta come una
gatta sopra di lui. L’albero, l’ombrellone e le siepi collaborano nel
proteggerli e nasconderli al mondo. Le margherite ai bordi si agitano simulando
un applauso. A questo punto i corpi stendono ogni nevrosi sul tappeto erboso.
Intanto la
bottiglia di falanghina cade a terra, ma nessuno se ne accorge.
Scritto dal mio amico Felice, per i tipi "scrivi che ti passa". Estate 2013 alle spalle.