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martedì 30 luglio 2013

le ultime sul royal baby...


Enormi cambiamenti all'ultimo momento Ho letto un libro di racconti scritto da Grace Paley; di lei non sapevo nulla né del suo mondo. Ho accolto un suggerimento dal blog di Cognetti, e mi sono tuffato nella lettura. Ho letto dei racconti originali e privi di ogni ridondanza: tutto avveniva e si trasformava in quelle pagine come se non accadessero in un libro. Erano fatti che lasciavano cadere l’idea dell’inchiostro, delle lettere, del sapere, della grammatica, e di tutte quelle altre scemenze che ci fanno sembrare migliori quando leggiamo: siamo solo più consapevoli del morire, continuando a non capire per niente la Morte. Così mi sentivo tra una fermata del bus e la metropolitana, incollato a quelle pagine.  Intorno c’erano gli sguardi degli immigrati, le bottiglie d’acqua alle fontanelle e le isterie di certe donnine, l’arroganza di uomini calvi, tutto, dopo quelle letture, tutto era diventato soltanto più nitido. In questi racconti ci sono storie di persone in preda alla questione del vivere in città schiaccianti, tra persone assurde e umanissime nei gesti e negli sbagli. E ancora dentro parchi popolati da bambini che parlano come adulti, e neri che interpretano i neri, ma con improvvisi risvolti da bianchi nel tormentarsi e lottare contro il non senso dell’istinto, che a volte ci mostra così stupidi agli altri.
 
  Appunto, io ad esempio, che scrivo su questo blog e non so nemmeno per chi e, tolte due o tre persone che so che mi leggono, degli altri so pochissimo. Mi verrebbe da fare un appello (dài lasciate una traccia voi che passate da qui), un raduno, un confronto; in fondo in fondo galleggio nel non essere e sudo bit come uno dei tanti sprovveduti in rete. Ma scrivo per piacere psicofisico, ve lo giuro, non credo di essere all’altezza di uno scrivente vero, ma che fa? Dovrei imparare l’inglese e leggere i classici, Greci inclusi, forse lo farò entro il 2020, ma intanto che fa se continuo a gestire un piccolo blog verde e malinconico? Questo lo dichiaro per giustificare il mio entusiasmo per certe letture, per adorabili biografie e per quello svolazzare di pensieri amari che uno vorrebbe trasformare in rondini, in abbracci, per sentirsi accolti, amati e non essere abbandonati ancora una volta.

 

L’altra sera ho visto “I giorni della vendemmia”, all’arena di Nanni Moretti. Un bel film costato pochissimo e con una fotografia e un ritmo che mi è piaciuto assai, anche a me aveva fatto pensare alle immagini di Ghirri. Così come mi è piaciuta la delicatezza del regista nel rispondere alle domande, al termine della proiezione. Mi viene da dare un suggerimento a Righi: non ti far schiacciare più dalla monumentale posa del buon Nanni, e neppure dalle generiche critiche dei rosiconi, ex intellettuali da spiaggia che poi, chissà perché, stanno sempre nelle prime file degli eventi. Caro regista esordiente il tuo stile merita attenzione, e la tua opera prima è davvero bella, nella sua acerba consapevolezza di rappresentare un mondo piccolo e poco noto, a cui hai donato la tua creatività.
 

A me il protagonista è parso azzeccato e riuscito - anche la scelta dell’attore - e la sua ammirazione/soggezione col fratello l’hai risolta bene facendo apparire il fratello grande come già passato, esaurito da ogni futuro, lasciando al ragazzo ogni possibilità di vita. Questo l’ho trovato interessante, poiché spesso la storia di quegli anni ci è stata raccontata con gli occhi dei protagonisti – professionisti - della contestazione, che alla lunga in quel tipo di lettura restano solo monumenti e saccenti convinzioni. Non rendendo onestamente la lettura di quegli anni complessi e ancora non del tutto sbrogliati dall’involucro nostalgico e mitologico che ancora li intrappola. Invece il tuo film smuove un luogo comune, senza frantumare né dissolvere il meglio che resta di quegli anni. Aspetto il secondo film, intanto cerco altri esordienti da apprezzare.

 

Sentire le canzoni dei Baustelle dal vivo con un’orchestra di una trentina di musicisti, avendo accanto il mio Amore, e sorprendermi già dalla prima canzone ad avere tutti i peli dritti, be’, non c’è altro da aggiungere se non conservarne il dolce ricordo.
 
 

Poi abbiamo percorso la pontina notturna come i vecchi tempi e come allora spensierati e convinti che lontano dai grovigli parentali, da certe evanescenti amicizie siamo pronti a piccoli e vitali cambiamenti di rotta. Stavolta non c’è neppure la giovinezza a ostacolarci, con il suo imbarazzante ottimismo. Solo l’odore delle nostre storie sorelle a infondere coraggio.

 

Buone vacanze, e godetevi tutte le ferie possibili! Al mare o in montagna, in garage o nei centri commerciali perdio amatevi!

mercoledì 17 luglio 2013

e non ero io

Cerco lavoro e pure una ragione, per essere migliore, e per non pentirmi di nuovo. Per esistere, e non tradire il patto che feci nel sottopasso della stazione di Bologna, era il ’95, e il telefono era un pugnale contro di me, e le parole, con quel tono animalesco spingevano verso l’unica via di fuga. Eri tu. Era Roma, era di maggio. In fondo al tunnel c’era quel poster de “L’amore molesto” che mi procurò una smorfia, e più avanti studenti post-scapigliati (erano arrivati post dalla fine dell’ottocento) che non riuscivano proprio ad attrarmi nei loro gruppetti fumosi. Quindi tirai dritto e guardai le mie scarpe che si muovevano leggere su quell’asfalto comunista, che, senza più accoglienza né allegria, restava solo nero e sporco. Ero paurosamente solo, al nord, con accanto solo l’epigono che ero che mi perseguitava e che stavo per scaraventare contro una vetrina. Non lo feci poiché, fiutando la fine, l’epigono si mise a seguire un ragazzetto di Potenza appena sceso dal treno, con le sue luccicanti Converse che spingevano una valigia piena di carne ancora congelata.

Cerco lavoro, perché cercare è sinonimo di stile, e io cerco ancora, in questa serata di rinunce e dolore; cerco anche quel ragazzo che dentro a un casolare pieno di fricchettoni toscani, in assoluta minoranza, ma senza violenza, dichiarò di apprezzare un noto sindacalista, e spiegandolo, e forse senza volerlo, fece una sorprendente lezione di stile: applicato all’esistenza e su quello che sentiamo davvero. Tra le più belle che abbia sentito, davvero. Ti amo ragazzo. E non ero io.

 

martedì 16 luglio 2013

Arturo ascolta


Stamattina mio cugino mi ha scritto una lunga mail. Il contenuto è osceno, quindi, sorprendente e coraggioso. Apprezzo questa sua verve in questi mesi di conformismo cazzuto e senza prospettiva; apprezzo la sua esposizione, e l’inquietudine che infonde come concime chimico sulla mia testa bio-decadente.

Vi chiedo un parere a margine, poiché non so bene cosa rispondergli, e non rispondere è tra i peggiori difetti della contemporaneità, e io voglio diventare meglio di me stesso.

   Caro cugino,

l’altra sera me ne sono andato al circo. Il piccolo me lo chiedeva da giorni, e come resistere alla sua insistenza fatta di parole convincenti (ci sono i watussi!)? Allora, dopo essermi scolato una Poretti, osservando il cielo ovattato di smog mi sono passate nella testa le seguenti immagini schizofreniche, “La diserzione degli animali del circo”, una canzone che ascoltavo come un inno anni fa, e subito dopo delle foto in cui Chaplin insieme alla figlioletta applaudiva divertito a uno spettacolo circense. Così, dopo il passaggio inutile di queste due immagini mi sono convinto: ci vado, e vado alla maniera de “L’Italia spensierata”, così provo a farmi un’idea dal vero. Eh!

Sotto al tendone c'erano poco meno di cento gradi di puzze animalesche, e la canzone del pulcino Pio prometteva momenti da dimenticare. Poi, per fortuna, arrivano i cavalli bianchi che fanno brillare gli occhi al piccolo e io, guardandolo, mi faccio brillare gli occhi anch’io. Il resto te lo risparmio, accenno solo al fatto dell’uscita dell’elefante – il mio animale preferito – durata appena venti secondi per ribellione dello stesso. Alla fine i numeri che mi sono piaciuti di più sono stati quelli dell’acrobata contorsionista. Sì, perché gli artisti facevano tutti più cose; a un certo punto un inserviente si è messo a fare un numero dentro a un costume strambo, tipo millepiedi. Un circo di periferia, per noi della periferia, che al centro aveva una presentatrice cicciotta con la parlantina alla Orietta Berti. All’uscita vediamo una tigre dentro a un camion-espositore, la fisso esterrefatto e lei mi guarda storto: non mi restava che scappare. Il piccolo in macchina mi chiede perché non avevo fotografato il dromedario, mentre lo chiede sta già cercando di pensare a come raccontare bene agli altri quello che aveva visto al circo. Un po’ come faccio io davanti ai clown che mi capitano davanti tutti i santi giorni, a cui forse dedico troppo tempo, eppure, sotto sotto, alla fine non vedo l’ora di raccontarli agli amici. Per ridere.




martedì 9 luglio 2013

copio e incollo

Oggi non ho immaginazione né voglia di sputtanarmi con un altro capitolo della mia saga esistenziale malconcia ma luminosa, quindi, faccio un copia e incolla dal sito di Paolo Nori; al quale sono affezionato almeno quanto a mio cugino Arturo! Insomma, pubblico questa poesia scoperta da pochi minuti e che rappresenta bene il mio stato, la mia amabile sciagura di pensieri e azioni in preda a un luglio capriccioso e lagnoso. Di sorrisi necessita questa mattina.
a presto! stasera vado a sentire la Parrella e poi vi dirò.

Notizie dal diluvio, Sinfonietta, Lo splendido violino verdeDove ci incontreremo dopo la morte?
Dove andremo a passeggio?
E il nostro consueto giretto serale?
E i rammarichi per i capricci dei figli?
Dove trovarti, quando avrò desiderio di te, dei tuoi occhi smeraldi,
quando avrò bisogno delle tue parole?
Dio esige l’impossibile,
Dio ci obbliga a morire.
E che sarò di tutto questo garbuglio di affetto,
di questo furore? Sin d’ora promettimi
di cercarmi nello sterminato paesaggio di sterro e di cenere,
sui legni carichi di mercanzie sepolcrali,
in quel teatro spilorcio, in quel vòrtice
e magma di larve ahimè tutte uguali,
fra quei lugubri volti. Saprai riconoscermi?
[Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Torino, Einaudi 2007, p. 49]

martedì 2 luglio 2013

tutti al mare!


In questi ultimi cinque anni i miei figli hanno quasi raddoppiato il peso, e sviluppato il senso dell’humour ben oltre la media europea, considerando però la categoria senior. Mia moglie è diventata più bella, e io non ho cambiato lavoro. Sì, ne ho aggiunto qualcuno strada facendo per integrare soldi e autostima: ho proposto (e realizzato) progetti per l’infanzia.  Cinque anni fa ho cambiato ambiente lavorativo, sono passato dai servizi alle persone con disabilità, a educatore di asilo nido. La vera sorpresa, dopo un primo anno d’incertezze, è stato scoprire di non voler più tornare a fare l’educatore di prima. Piuttosto vado a lavare le auto di notte, bofonchiavo sempre di notte, quelle insonni e piene di dilemmi. Dico così, ma, in fondo, il problema è che non riesco a tornare (quasi mai) sui miei passi. Addirittura nel frattempo ho fatto il coordinatore in pectore, poi, quando c’era da ufficializzare l’incarico, mi sono ritrovato nella classica situazione italiana: favoritismi - opacità padronale - zero investimenti. Sono rimasto per quasi un anno incazzato nero. Poi è passata. Così quest’anno, ragionandoci su, sempre tra l'insonnia e l'illuminazione, ho capito che nei prossimi cinque anni vorrei lavorare altrove. Lo confesso.

In questi cinque anni ho conosciuto belle persone, e smesso di frequentarne di brutte. Non sono andato a Parigi né a Londra, figuriamoci a New York. Ho girato un po’ l’Italia, e mi sono innamorato di Genova. E di certi paesaggi siciliani, e di alcune colline campane. Ho divorato, spaventatomi nei primi trenta secondi, il polipo crudo. Ho abitato undici giorni a Stoccarda, con fervore teutonico e curiosità mediterranea.

In questi ultimi cinque anni ho vaneggiato poco, sia svolte epocali che fughe in campagna o a Bologna, e stronzate del genere. Ho scritto un paio di progetti niente male, e per capire com’è finita torna alla voce zero investimenti. Poi ho scritto cose sparse qua e , senza sfarinare l’autobiografismo; ho frullato il più possibile, seguendo le indicazioni di Antonio Pascale, quindi fiction e biografia, preferendo (finalmente!) soprattutto il primo ingrediente, quindi, più immaginazione e meno sentimentalismo. Poi ho scritto centinaia di post su questo blog, impegnandomi forsennatamente ma senza nessuna intenzione di intravederne un percorso, un corpo o una qualche velleità evidente (giuro!). Scrivevo con la voglia di scrivere, e alla fine, appoggiando con calma il mouse sul cotto del caminetto, stavo da dio. E tutti mi sorridevano. E la casa, il giardino e i bambini mi apparivano più autentici, meno pensati. Davo tutto quello che ribolliva nella testa e nelle vene alle tante parole che buttavo sullo schermo, come se sbucassero da un tubo d’irrigazione flessibile e colorato di blu.

Ora aspetto che i fiori sboccino da soli, e che le belle persone  continuino a sorridermi come si fa a un bimbo che sta cominciando a parlare.

 
Buone vacanze e cose belle a tutti quelli che frequentano davvero questo blog. Vabbè, anche agli altri, inclusi quelli della Corea.
 
bye bye
 
 
 
    Poesia di Raymond Carver 
  E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos'è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.