Ho letto un
libro di racconti scritto da Grace Paley; di lei non sapevo nulla né del suo
mondo. Ho accolto un suggerimento dal blog di Cognetti, e mi sono tuffato nella
lettura. Ho letto dei racconti originali e privi di ogni ridondanza: tutto
avveniva e si trasformava in quelle pagine come se non accadessero in un libro.
Erano fatti che lasciavano cadere l’idea dell’inchiostro, delle lettere, del
sapere, della grammatica, e di tutte quelle altre scemenze che ci fanno sembrare
migliori quando leggiamo: siamo solo più consapevoli del morire, continuando a
non capire per niente la Morte. Così mi sentivo tra una fermata del bus e la
metropolitana, incollato a quelle pagine.
Intorno c’erano gli sguardi degli immigrati, le bottiglie d’acqua alle
fontanelle e le isterie di certe donnine, l’arroganza di uomini calvi, tutto,
dopo quelle letture, tutto era diventato soltanto
più nitido. In questi racconti ci sono storie di persone in preda alla questione del vivere in città
schiaccianti, tra persone assurde e umanissime nei gesti e negli sbagli. E ancora
dentro parchi popolati da bambini che parlano come adulti, e neri che
interpretano i neri, ma con improvvisi risvolti da bianchi nel tormentarsi e
lottare contro il non senso dell’istinto, che a volte ci mostra così stupidi
agli altri.
Appunto, io ad esempio, che scrivo su questo blog e non so nemmeno
per chi e, tolte due o tre persone che so che mi leggono, degli altri so pochissimo. Mi verrebbe da fare un
appello (dài lasciate una traccia voi che passate da qui), un raduno, un
confronto; in fondo in fondo galleggio nel non essere e sudo bit come uno dei
tanti sprovveduti in rete. Ma scrivo per piacere psicofisico, ve lo giuro, non
credo di essere all’altezza di uno scrivente vero, ma che fa? Dovrei imparare
l’inglese e leggere i classici, Greci inclusi, forse lo farò entro il 2020, ma intanto
che fa se continuo a gestire un piccolo blog verde e malinconico? Questo lo
dichiaro per giustificare il mio entusiasmo per certe letture, per adorabili
biografie e per quello svolazzare di pensieri amari che uno vorrebbe
trasformare in rondini, in abbracci, per sentirsi accolti, amati e non essere
abbandonati ancora una volta.
L’altra sera ho
visto “I giorni della vendemmia”, all’arena di Nanni Moretti. Un bel film
costato pochissimo e con una fotografia e un ritmo che mi è piaciuto assai,
anche a me aveva fatto pensare alle immagini di Ghirri. Così come mi è piaciuta
la delicatezza del regista nel rispondere alle domande, al termine della
proiezione. Mi viene da dare un suggerimento a Righi: non ti far schiacciare
più dalla monumentale posa del buon Nanni, e neppure dalle generiche critiche
dei rosiconi, ex intellettuali da spiaggia che poi, chissà perché, stanno
sempre nelle prime file degli eventi. Caro regista esordiente il tuo stile
merita attenzione, e la tua opera prima è davvero bella, nella sua acerba
consapevolezza di rappresentare un mondo piccolo e poco noto, a cui hai donato
la tua creatività.
A me il protagonista
è parso azzeccato e riuscito - anche la scelta dell’attore - e la sua
ammirazione/soggezione col fratello l’hai risolta bene facendo apparire il
fratello grande come già passato, esaurito da ogni futuro, lasciando al ragazzo
ogni possibilità di vita. Questo l’ho trovato interessante, poiché spesso la
storia di quegli anni ci è stata raccontata con gli occhi dei protagonisti –
professionisti - della contestazione, che alla lunga in quel tipo di lettura
restano solo monumenti e saccenti convinzioni. Non rendendo onestamente la
lettura di quegli anni complessi e ancora non del tutto sbrogliati
dall’involucro nostalgico e mitologico che ancora li intrappola. Invece il tuo
film smuove un luogo comune, senza frantumare né dissolvere il meglio che resta
di quegli anni. Aspetto il secondo film, intanto cerco altri esordienti da
apprezzare.
Sentire le
canzoni dei Baustelle dal vivo con un’orchestra di una trentina di musicisti,
avendo accanto il mio Amore, e sorprendermi già dalla prima canzone ad avere
tutti i peli dritti, be’, non c’è altro da aggiungere se non conservarne il
dolce ricordo.
Poi abbiamo
percorso la pontina notturna come i vecchi tempi e come allora spensierati e
convinti che lontano dai grovigli parentali, da certe evanescenti amicizie
siamo pronti a piccoli e vitali cambiamenti di rotta. Stavolta non c’è neppure
la giovinezza a ostacolarci, con il suo imbarazzante ottimismo. Solo l’odore
delle nostre storie sorelle a infondere coraggio.
Buone vacanze, e
godetevi tutte le ferie possibili! Al mare o in montagna, in garage o nei
centri commerciali perdio amatevi!