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mercoledì 8 luglio 2015

l'evoluzione del fricchettone

    Dovevo decidere: mare o lago. L’idea di scendere a Gaeta era naufragata nel mare d’inquietudine, e mi ci vorrebbe una traversata oceanica per spiegarvela bene. Dovevamo decidere: l’ha fatto per noi google maps. Per arrivare a Martignano solo 41 minuti! Per S. Severa ci voleva più di un’ora. Partiamo sereni col navigatore del tablet sulle gambe, e apprezziamo, ma ben oltre i 41 minuti previsti, i cespugli boscosi della Cassia. Per poco non arriviamo a Viterbo. Imprechiamo, e ci incazziamo tra di noi per poi ritrovarci a circumnavigare metà del lago di Bracciano, ma non ci piace per balneare. Puntiamo di nuovo su Martignano, dopo quasi due ore arriviamo e ci accoglie lo sconto per il bus navetta delle 15.00; sembriamo quasi felici, e ci pare di stare in vacanza per davvero dentro al pullmino che traballa a ritmo di musica house: stupiti guardiamo la polvere che si alza alle nostre spalle. Gli occhi dei miei figli, i beni preziosi che ho. 
Questo lago oggi ci abbraccia e protegge.



Nella testa avevo una strana paura di ritrovarmii tra milioni di fricchettoni, e tanti cani inzuppati, o suoni monotoni di bonghi. Sì, c’erano i fricchettoni e i cani, ma sono pochi rispetto a vent'anni fa, e sembrano evoluti e discreti che si godono, rispettandola, la quiete del posto. Comincio a cambiare umore, non sono più incazzato, e così mi tuffo con i figli nelle acque grigie. Sì, starai pensando “Vieni da un posto di acque cristalline e ti tuffi qui?”. Lo ripeto: ci vuole una traversata per spiegarti i tanti buchi grigi della mia esistenza, amica mia. 
A un certo punto mentre leggo Paura, di Zweig, un gruppo di ragazzi alle mie spalle con chitarra e bongo tirano fuori un repertorio anni ’90 niente male. Così penso a come certe canzoni dei Radiohead, pur non essendo mai stato un loro fan, riescono sempre a sfibrarmi per bene i sentimenti. Parte Creep e chiudo gli occhi come fanno certe ragazze innamorate in attesa del pensiero giusto per sognare. Ci provo anch'io.




Poi partono i Marlene Kuntz, gli Aftherouse e anche i Litfiba, ma quelli del periodo a cui avevo già voltato le orecchie: Lacio drom e giù di lì. Stavo per alzarmi e chiedergli Labbra blu, magari andando verso di loro per cantarci insieme. Invece ho continuato a leggere e sorvegliare i figli tra aquiloni, smartphone e rive sabbiose. Pensavo a come siamo arrivati a questo equilibrio che sa di tregua e ansia, e cercavo di ricordarmi le salvifiche deviazioni che non ci hanno fatto impantanare dentro a quegli anni. Il mio amico dice che sono nostalgico, non credo, sai, eppure non so come fare a staccarmi da canzoni come Nuotando nell’aria, o dal raccontare ogni volta quel tempo incastonato nella mia memoria, strambo, eppure pieno di aspettative eccitanti. Forse ci voglio rimanere ancora un attimo dentro a quel tempo, e setacciarlo bene, per poi esaminarne i detriti preziosi con la luce potente di oggi. Amico mio in fondo hai un po’ di ragione riguardo alla mia nostalgia, forse è soltanto paura di ammettere che adesso siamo diventati altro: tutti i giorni penso di scrivere sul mio blog una dichiarazione di realtà, su cosa credo di essere diventato. Poi mi scoraggio pensando a come continuano a vedermi gli altri: sempre uguale a ieri, mi sa. Forse ho paura dei cortocircuiti e preferisco l’uscita di scena dal branco di appartenenza con una luce fioca alle spalle, lentamente, magari con le mani in tasca e lo sguardo sui miei piedi.


(Come mi vedete davvero? Ditemelo almeno in privato, accidenti ai vostri occhi pigri e troppo compassionevoli).

Nella pancia di questa placida giornata al lago ci sono pensieri di debiti enormi come montagne di terra arida, che lascio sbriciolare frivolmente davanti a future uscite serali: ondeggiare tra le persone che desidero imitare, lasciando gonfiare la mia illusione per un’altra vita ancora. Un mite mitomane, me e il mio sorriderci con te.

A voi ex o presunti ex fricchettoni che avete colorato le pareti beige della mia giovinezza, oggi, davanti a questo lago pacificante, vi chiedo perdono di tanto mio accanimento contro la vostra condotta discutibile di allora, spesso incoerente, sicuramente modaiola. In fondo v’invidiavo anche per le vostre libertà sessuali, ma, soprattutto, per tutte quelle comodità famigliari che vi sostenevano, e quel benessere che riuscivate a procuravi anche lontano da casa: io squattrinato, sempre inadeguato e pieno di sensi di colpa, riuscivo a scopare sulla spiaggia solo da ubriaco, per esempio. Poi al mattino smontavo la tenda con fare mitteleuropeo, e già maledicevo la caduta di stile della notte. Ero matto, lo so. E oggi osservando il vostro conformismo di sempre, vedendovi pieni di tatuaggi, placidi, e senza rimorso alcuno per le condotte passate e attuali, capisco che state sempre nel fuoco del vostro tempo. Sembra che non abbiate mai avuto colpe, né ripensamenti o cadute davanti a un’epoca che, al massimo, vi chiedeva di sacrificare una vacanzetta a Lisbona con gli amici, in cambio del solito giro in barca a Ponza con mamma, papà e nuova compagna di papà. Ecco quello che vi ho sempre invidiato: le vacanze spesate, e le lingue apprese in giro per l’Europa in quegli anni di spensieratezza. 
Perché stanotte ancora tutto questo rancore davanti a un mare di stelle?

Al lavoro, mentre stavo in bagno, un pensiero nerissimo mi ha risucchiato nel vortice luttuoso che non voleva saperne di vedere luce. Appena ne sono uscito ho avuto un brivido nel vedermi allo specchio sopravvissuto a tante brutte storie e a giornate buie, così come a questo pensiero pesante che lascia la gola secca. Di corsa sono uscito in giardino scordando dietro di me le invidie, le frustrazioni e i dolori: piangendo di gioia come un uomo.

p.s.
Vorrei convocare le persone che stimo, e quelle che amo, e magari anche quelle che non mi hanno mai creduto fino in fondo a una partita di pallone: farvi vedere quanto sono bravo, fantasioso e generoso nel gioco del calcio. Il mio unico grande rimpianto è di non aver insistito a quindici anni a giocare nella squadra degli allievi della mia città: da lì, guarda caso, qualcosa poi si è bloccato. Fatemi fare una partita ancora, solo così potrò fare quei goal necessari per mettere un punto al mio rancore e ricominciare a vedere il mondo come ad una ennesima magnifica possibilità.

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