Dimentica. Dimentica il vuoto dei
silenzi. E le volte che hai capito troppo. Il volto di pietra di tuo padre; le
parole che scappano nell’aria di tua madre. Tu sei nascosto e guardi e senti
tutto. Pure l’odio che le pareti trattengono a stento.
Dimentica quelle mani, quegli occhi e
i soldi che non hai per fermare quel vortice blu. Ti senti povero, e non solo
per mancanza di averi, ma soprattutto per quella paura di spegnerti stanco,
senza lottare. E quelle scale bianche non hanno bisogno di piedi scalzi da
sostenere. Vogliono solo sentire parole scendere lente di respiro, e sorprese taglienti
di ferite necessarie ad aspettare domani.
Dimentica pure tutta quella bella
ignoranza che ti porti a spasso tra mura antiche e libri profumati di oggi.
Quello sei tu: delicato e annoiato dentro a un tempo da masticare ancora senza
mare.
Dimentica, caro io.
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