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giovedì 24 febbraio 2011

l'assedio

Mi sa che l’assedio di Gaeta, che chiuse l’era borbonica e decretò di fatto l’unità d’Italia, stia ancora dentro di me. Tramandatomi dai fantasmi travestiti da polpi grigi. Infatti, sento di essermi difeso negli anni arroccato dentro a una fortezza; il mare alle spalle dei giganteschi bastioni, lasciava un ricordo di libertà che sta a due passi, ma sia io, che i gaetani all’epoca, non ce ne preoccupiamo. Conta ripararsi dalle insidie esterne e aspettare i rinforzi interni.
Alla lunga il conto da pagare sta nell’eccesso di euforia nelle domeniche mattina. Poi, già nel primo pomeriggio, una malinconia d’abbandono che paralizza i sensi e fa vedere tutto nero. Provate a passeggiare per le vie di Gaeta vecchia nei pomeriggi d’inverno. Gli echi delle cannonate dei piemontesi sono nelle orecchie dei suoi abitanti che tramortiti si rifugiano in quelle gattabuie a sputare le cicche umide. I bambini, come uccelli in una stanza per sbaglio, sbattono contro le pareti e restano muti.
Certo, l’unità ha portato pace; sicuramente a me ha portato una gran voglia di scappare da quel buio nero, e riparare dentro il mare di caos che Roma mi offre ogni santo mattino.
Poi l’estate scuote le voglie e i desideri passeggiano nelle vie assolate del borgo.


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