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domenica 28 agosto 2011

cosa avete fatto?


Cosa hanno fatto mentre noi stavamo a centocinquanta km da qui? Il ventilatore come ha fatto a trattenersi durante quelle giornate torride, con tutta quella voglia che aveva di fare il proprio dovere ventilato. E la tv, che quando partivano i cartoni preferiti dei miei figli, come faceva a tenersi spenta. E il rubinetto colmo d’acqua  pronto a farla uscire  per il liscio corpo di mia moglie. E i fornelli che agognavano le solite padelle pronte per il soffritto dei giorni festivi; e la mattina, sempre, che immaginavano la caffettiera posarsi morbida sul suo fornello piccolo.
Il glicine è impazzito di solitudine tanto da arrampicarsi sul tetto e chiedere aiuto: con l’illusione di farsi vedere da noi, stesi sulla spiaggia, lontani troppo lontani per vederlo. Il posto auto chiamava le auto in sosta vietata sulla strada: venite che sono libero e all’ombra.
Pare che nel pomeriggio di ferragosto la radio si sia accesa e, sintonizzata su Moby dick, volesse trovare un po’ di frequenza fino alla nostra casetta in campagna.
Noi stavamo lì, lontani da voi, cari oggetti familiari, e ogni tanto vi pensavamo come si pensa agli amici lontani. Con la certezza di ritrovarvi sempre al proprio posto, con un anno sulle spalle e tanta polvere a camuffare la vostra età: che tanto a noi le cose vecchie piacciono quanto quelle nuove. Per noi voi siete il tutto che ci permette di difenderci dal passato grigio che spesso, quando stiamo in campagna, anche dentro la casetta dorata, ci torna a trovare devastando tutto il presente. Passata la tempesta è tutto un rimettersi in sesto tra di voi, cari oggetti di un presente che è tutta la nostra vita. Oggi. Un po’ ieri, e tutto domani. Dopodomani, già sembra un po’lontano.







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