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sabato 5 novembre 2011

dedicato a chi?...


Quante canzoni che hai scritto. Belle, corte, strambe e serie. Non ti stanchi di giocare con le parole aggrovigliate ai sentimenti. Veri o falsi, che differenza fa? Senti di stare dentro un palco immaginario fatto di facce e donne. Tu al centro, defilato nel centro che canti ignorando il registro. Il mondo. Poi disprezzi la massa, ma non le persone, e tutto quello che gli sta intorno. Mi fai pensare a Parise, e al suo male che prende forma e odore di sangue, ma che resta, nonostante il dolore, cittadino saldo alle regole e alla pedagogia minima. Necessaria, per poter esser liberi di prendere treni a qualsiasi ora del giorno, e con chiunque.
Capisci madame, qui si è dentro una piccola storia colorata dai giorni monotoni e da splendide solitudini. Come fare a non morire la domenica mattina, senza giornali né pastarelle fresche di crema?
Come fare?
Poi stare sempre ad aspettare la notte, con l’infantile paura di esser preso a botte dalle tue stesse mani. Povere mani costrette a graffiare chitarre e donne. Sempre quelle, che vogliono amarti fin dentro le ossa. Per poi scappare via, come ladre scivolose dentro corridoi bui e allungati fino al mattino.
Ora aspettiamo l’ennesimo disco, il solito e fantastico scorcio di parole melodiose che dipingono un po’ anche i nostri giorni: ascolti, tra i pochi, che mi fanno sentire contemporaneo dei miei sentimenti.
Non siamo al tramonto è che ho da lavorare, da lavorare davvero.

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