Il nuovo film di Sorrentino è aperto,
ci racconta con un ritmo proprio uno spazio e delle persone che ci riguardano
ma sono lontane. Stavolta sono entrato poco nelle movenze del protagonista,
seppure quel suo strascicare entra negli occhi e non esce più. Sempre Sorrentino
attraverso il camminare dei suoi personaggi lascia scappare l’intento poetico
del film. Sono quadri realistici le immagini aperte (troppo aperte per noi) su
tipi e luoghi immaginati infinite volte, ma mai, mai, davvero osservati. Così per
me.
Tre fasi storiche sintetizzate da
sguardi, corpi, e look. Il resto, nei dialoghi, si mostra la complicazione che
questi fatti storici abbiano procurato su di noi. E un po’ anche dentro di noi.
Il racconto irrita e scivola giù nella storia come fa il protagonista. Alcune frasi,
come quelle rivolte da Cheyenne a Byrne, rivelano e chiudono pensieri
tormentati (adolescenziali); sono attimi, il resto è raccontato con cura delle
immagini e attenzione alle parole.
Un film aperto, appunto. Troppo per
me?
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