Pagine

martedì 1 novembre 2011

this must be place


                                           Il nuovo film di Sorrentino è aperto, ci racconta con un ritmo proprio uno spazio e delle persone che ci riguardano ma sono lontane. Stavolta sono entrato poco nelle movenze del protagonista, seppure quel suo strascicare entra negli occhi e non esce più. Sempre Sorrentino attraverso il camminare dei suoi personaggi lascia scappare l’intento poetico del film. Sono quadri realistici le immagini aperte (troppo aperte per noi) su tipi e luoghi immaginati infinite volte, ma mai, mai, davvero osservati. Così per me.
Tre fasi storiche sintetizzate da sguardi, corpi, e look. Il resto, nei dialoghi, si mostra la complicazione che questi fatti storici abbiano procurato su di noi. E un po’ anche dentro di noi. Il racconto irrita e scivola giù nella storia come fa il protagonista. Alcune frasi, come quelle rivolte da Cheyenne a Byrne, rivelano e chiudono pensieri tormentati (adolescenziali); sono attimi, il resto è raccontato con cura delle immagini e attenzione alle parole.
Un film aperto, appunto. Troppo per me?

Nessun commento: