Bye bye baby
Con un titolo così cosa potrei
scrivere d’interessante?ma chi te l’ha chiesto? Direste voi in coro, cari
spettri sempre più divertiti di me, e delle mie velleità comunicative. Tant’è,
direbbe lo Scrittore - agronomo.
Invece, mi viene da raccontare una
corsa che feci la notte di capodanno con un mio amico: una corsa in mezzo ai
campi, pioveva, e non sapevamo bene dove stavamo mettendo i piedi, era tutto
buio; arrivammo fino al confine col fiatone e la gioia nello stomaco. Non
riuscivo a dirgli nulla, solo urli da ubriaco forzato. Eppure. Passava tra di
noi un calore impressionante. Un delirio amicale consumato di corsa. Questo
perché lui era davvero mio amico, e, cosa che mi viene difficile oggi, se avevo
voglia di parlargli o di prenderlo per il culo, era semplicissimo: lo sentivo.
Ecco, cosa sento quest’anno? Certo,
sono diventato saggio e una corsa come quella non la farei più: infarto da
panza (nascosta) in agguato. Vergogna? Chissà. A dire il vero non sono mai
stato tanto coraggioso come in quest’ultimo periodo. Altro che antagonisti de’
noantri, a me, non fa paura nessuno, e con le parole potrei stendere chiunque; ma
a cosa servirebbe? La verità è che il mio vagare randagio tra le persone degli
anni scorsi mi ha fatto conquistare spazi sociali inimmaginabili prima, anche
se ora non so proprio cosa farne di queste conoscenze acquisite in fatto di
persone o cose, animali o città. Preferivo sempre i trenini elettrici, anche se
babbo natale mio era proprio un tirchio scornacchiato.
Ma in fondo sono solitario nei
pensieri, nelle complicità: sempre rigoroso, nemmeno fossi Monti alle prese coi
soldatini di piombo, che sono diventati poi i nostri parlamentari. No, è che
credo davvero nell’individuo e poco, sempre meno, nei clan amicali o parentali.
Scappo in Svezia con tutta la
famiglia? Una volta avrei detto Reggio Emilia, mi accontentavo. Ma ora lì c’è
un altro clan, casalesi o giù di lì, che non perdona. Altro che individualismo
(r)esistenziale. E capit’ a me?
Mi vedo dentro un furgone wolksvagen con
altri ragazzi conosciuti quella sera, notte del capodanno dell’ottantasei, rido
curioso per gli infiniti giri tra case e locali del golfo: non sapevamo proprio
che cazzo fare, e così lo facevamo proprio bene.
Che poi mi ritrovo ad ascoltare un concerto di musica lirica nella biblioteca del mio vecchio quartiere, e alla fine, dopo varie emozioni - ho capito che mi piace la lirica - durante il brindisi cantato mi sono proprio commosso. E liberato delle zavorre del mio tempo? Forse sì, forse ancora non del tutto. Poi arrivo a casa e mi godo tutto il film di Martone “Noi credevamo”, che mi fa arrivare a un’amara considerazione: oggi come allora se nasci figlio d’operai, non è detto che lo faccia pure tu l’operaio ma, sicuro, avrai un sacco di problemi nel corso della vita: economici ma soprattutto di collocazione sociale, perché oscilli come un trapezista di periferia in groppa a le correnti gravitazionali della tua generazione. E’ così, e quanto mi costa dirlo lo sa solo la mia speranza svergognata.
Che poi mi ritrovo ad ascoltare un concerto di musica lirica nella biblioteca del mio vecchio quartiere, e alla fine, dopo varie emozioni - ho capito che mi piace la lirica - durante il brindisi cantato mi sono proprio commosso. E liberato delle zavorre del mio tempo? Forse sì, forse ancora non del tutto. Poi arrivo a casa e mi godo tutto il film di Martone “Noi credevamo”, che mi fa arrivare a un’amara considerazione: oggi come allora se nasci figlio d’operai, non è detto che lo faccia pure tu l’operaio ma, sicuro, avrai un sacco di problemi nel corso della vita: economici ma soprattutto di collocazione sociale, perché oscilli come un trapezista di periferia in groppa a le correnti gravitazionali della tua generazione. E’ così, e quanto mi costa dirlo lo sa solo la mia speranza svergognata.
Come mi andrebbe di scrivere che è
stato un anno di merda, sarebbe facile e comodo; invece racconto il sogno di
stanotte: urlavo, in una stanza istituzionale grande e opaca, che la mia “azienda
sociale” aveva commesso un’ingiustizia contro di me (ma dài?). Sentivo che
avevo proprio ragione….poi si aggancia un altro sogno di una discoteca di Gaeta(
la giovinezza?) che non aveva una decente uscita di sicurezza, e tutti a
cercarla tra intercapedini e muri screpolati. Per me è tutto chiaro ma, aspetto,
tanto so aspettare, che qualche amico stregone o semplicemente psicologa, mi
dia il responso finale.
Falliti di tutto il mondo falliamo
tutti insieme e, soprattutto, beviamoci su fiumi di rosso della casa.
6 commenti:
<mi piace come stai scrivendo..beato tu! E tutto dinamico, pieno di bio, provocatorio et reale. Panza? quale panza!?
grazie caro mio, tu mi tieni in vita...ma non esageriamo ché qualcuno dice che poi pomiciamo in to the blog.
aspetto che ripristini il rottamaio; tra l'altro è ora che tu cambi il nome, così ti verrà più facile scrivere con "bio(?)" anche a te.
ripristinato col nome Fino alle stelle
sì, ma non mi appare neppure una stella, 'na stellina. Pubblica per Giunone!
Io non ricordo mai i sogni che faccio.
Quello di ieri notte si: pulivo merda dal bordo di una tazza del cesso, e lo facevo con -poca- carta igienica...
Che vòr dì ?
azz, ettorù, ti metti a risparmiar sulla carta! rotoloni regina, cazzu cazzu.
spero che sta merd' sia lo spartiacque tra i guai inevitabili e la forza, con tutta l'ironia che ti riconosco, di svangarla sempre a suon di musica e nomadismo culturale.
ma che cazzo ho scritto? bah, saluti a Giorgio, involontario protagonista di questo post.
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