Bruno sta volando nella mia testa. Le
parole di Nadia Terranova si sono legate per bene ai disegni di Ofra Amit,
facendone una sintesi perfetta di una storia. Quella del bambino Bruno, che con
la sua curiosità ci mostra un ambiente ricco di colori, parole e desideri. La malinconia
rimane distante, a distanza di sicurezza dalle nostre emozioni. Ci sono dentro
queste spesse pagine immagini che tendono a saldare un conto aperto che il
personaggio Bruno Schulz aveva col mondo. Era ora. In questa breve storia c’è
un monito non urlato: la diversità può diventare opportunità. Senz’altro prima deve
trasformarsi in dolore raccontabile, in capacità individuali da esprimere al
meglio.
Padri ingombranti a cui dare ruoli e
piume a dismisura; così ogni gesto esagerato assume la forma narrabile nelle
sue preziose sfumature. Per il bambino, per Bruno. Poi rimane quella timidezza
che inciampa nella misantropia, che a sua volta poggia su disagi più o meno
evidenti. Abnormi. Bene, tutto questo non produce in automatico riscatto
attraverso l’arte, ma, se il demone giusto spinge in quella direzione, allora è
un’epifania senza fine. Sempre se nel frattempo non interviene l’idiota nazista
del caso a chiudere per sempre il nero portone. Da quel momento la storia si mangia
la storia, facendo correre il rischio ai racconti, ai disegni e tutto il bello
che conteneva quella storia, di
perdersi nel gorgo.
In questo caso, in questo libro,
tutto è recuperato e illuminato con la giusta luce e le necessarie parole. Meno
male che ho avuto oggi l’opportunità di godermelo.
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