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venerdì 16 marzo 2012

innesti


Neppure conosco l’inglese, figurati il latino. Poi, a dire il vero, non me ne importava granché fino a ieri. Fino a quando ho letto che nella mia città di provenienza si parlavano due dialetti differenti. Addirittura? E mo’ mi poteva sfuggire ‘sto particolare? Ebbene sì; anche se sapevo che quelli della città vecchia parlano un po’ più il napoletano di noi del borgo, ma fino a dire due dialetti diversi no, caspita, avvisatemi prima voi di wikipedia. Il fatto è che a me piace stare sempre dentro le cose, e anche nei discorsi degli altri. Saperne più di te. Fa niente che al contempo sono convintissimo di saperne molto meno della media regionale, tant’è, m’illudo in quei tre secondi che mi capita di rispondere a tono alle questioni che si presentano; ma solo quando ci prendo, chiaramente.
Mio padre parlava benissimo il dialetto. Era un’artista del dialetto, per i toni e per gli accenti messi al punto giusto, oltre che per lo sfacciato stile libero.
Parlavo poco in giro, fuori di casa, intendo. Poi, al ritorno, rimbambivo mia madre con resoconti dettagliati che nemmeno Andrea coi suoi racconti. Così mi attrezzavo per una timidezza paralizzante, che cresceva a vista d’occhio intorno a me.
 Sono anch’io un po’ diesel, e tiro fuori il meglio alla lunga; gli altri poi restano sorpresi e non mi dicono quasi mai niente. A parte alcuni amici, e mia sorella. Gli altri sembrano timidi.
Ora rimango con una trentina di parole tra i denti, e mille immagini da scrivere.

E continuo ad ascoltare questo pezzo tutte le mattine in auto, lontano da me.


Quella domenica mi ero svegliato alle sette. Un freddo che i polpacci parevano due cosce di pollo. Mi scaldo correndo tra il mare e gli spogliatoi. I compagni tutti eccitati: ci sono quelli della Fiorentina! che poi erano anche quelli dello Scauri; insomma, avevano a che fare con i viola – squadre satelliti -  ma vivevano a Minturno. Io facevo finta di niente con la mia casacca larga addosso, ma in realtà tremavo dalla voglia di dimostrare quanto ero forte sulla fascia. Nuovo ruolo: non più centrale difensivo ma ala destra. Certi scatti sulla fascia che mi piacevo solo a immaginarmi, mentre lo facevo: la domenica sera, a letto, quando davo le pagelle a tutta la mia squadra, e a volte pure all’arbitro. Quel giorno invece correvo a vuoto. Cadevo a ogni rilancio. A metà del secondo tempo provo un tiro da fuori aria e la palla si alza a saetta e cerca di arrivare in porta. Niente, per quel tiro mi sono soltanto slogato la caviglia. La Fiorentina era più lontana del mio dolore. Pure al provino per la Roma ho corso e corso senza concludere nulla. Me ne sono mangiati cinque di avversari in un’azione, anche se poi davanti al portiere mi sono piegato come un gatto sul sabbione.
Vedevo bandiere ovunque e le braccia scendere vuote. Domani tirerò la cannonata mancata, subito dopo essermi fasciato per bene la caviglia. 
http://www.la7.it/invasionibarbariche/pvideo-stream?id=525854

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