Neppure conosco l’inglese, figurati
il latino. Poi, a dire il vero, non me ne importava granché fino a ieri. Fino a
quando ho letto che nella mia città di provenienza si parlavano due dialetti
differenti. Addirittura? E mo’ mi poteva sfuggire ‘sto particolare? Ebbene sì;
anche se sapevo che quelli della città vecchia parlano un po’ più il napoletano di noi del borgo, ma fino a
dire due dialetti diversi no, caspita, avvisatemi prima voi di wikipedia. Il
fatto è che a me piace stare sempre dentro le cose, e anche nei discorsi degli
altri. Saperne più di te. Fa niente che al contempo sono convintissimo di
saperne molto meno della media regionale, tant’è, m’illudo in quei tre secondi
che mi capita di rispondere a tono alle questioni che si presentano; ma solo quando
ci prendo, chiaramente.
Mio padre parlava benissimo il
dialetto. Era un’artista del dialetto, per i toni e per gli accenti messi al
punto giusto, oltre che per lo sfacciato stile libero.
Parlavo poco in giro, fuori di casa,
intendo. Poi, al ritorno, rimbambivo mia madre con resoconti dettagliati che
nemmeno Andrea coi suoi racconti. Così mi attrezzavo per una timidezza
paralizzante, che cresceva a vista d’occhio intorno a me.
Sono anch’io un po’ diesel, e tiro fuori il
meglio alla lunga; gli altri poi restano sorpresi e non mi dicono quasi mai niente.
A parte alcuni amici, e mia sorella. Gli altri sembrano timidi.
Ora rimango con una trentina di
parole tra i denti, e mille immagini da scrivere.
E continuo ad ascoltare questo pezzo tutte le mattine in auto, lontano da me.
Quella domenica mi ero svegliato alle
sette. Un freddo che i polpacci parevano due cosce di pollo. Mi scaldo correndo
tra il mare e gli spogliatoi. I compagni tutti eccitati: ci sono quelli della
Fiorentina! che poi erano anche quelli dello Scauri; insomma, avevano a che
fare con i viola – squadre satelliti - ma vivevano a Minturno. Io facevo finta di
niente con la mia casacca larga addosso, ma in realtà tremavo dalla voglia di
dimostrare quanto ero forte sulla fascia. Nuovo ruolo: non più centrale
difensivo ma ala destra. Certi scatti sulla fascia che mi piacevo solo a
immaginarmi, mentre lo facevo: la domenica sera, a letto, quando davo le
pagelle a tutta la mia squadra, e a volte pure all’arbitro. Quel giorno invece
correvo a vuoto. Cadevo a ogni rilancio. A metà del secondo tempo provo un tiro
da fuori aria e la palla si alza a saetta e cerca di arrivare in porta. Niente,
per quel tiro mi sono soltanto slogato la caviglia. La Fiorentina era più
lontana del mio dolore. Pure al provino per la Roma ho corso e corso senza
concludere nulla. Me ne sono mangiati cinque di avversari in un’azione, anche
se poi davanti al portiere mi sono piegato come un gatto sul sabbione.
Vedevo bandiere ovunque e le braccia
scendere vuote. Domani tirerò la cannonata mancata, subito dopo essermi
fasciato per bene la caviglia.
http://www.la7.it/invasionibarbariche/pvideo-stream?id=525854
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