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giovedì 22 marzo 2012

a sud della metafora


Ieri mattina una metafora mi si è parata davanti, in un bagno, con dei nanetti intorno a trafficare di gioco e status. Mi sono piegato troppo in questi quattro anni di lavoro forsennato. Come un luterano, quasi, ho sfidato le gravità che mi spingevano verso il buio. Ne sono uscito, dal bagno, dalla furia lavorativa di affermazione. Diciamolo una volta per tutte: ho lasciato tracce di me in giro per i luoghi di lavoro frequentati ma, niente, o poco, che si sia radicato davvero. Stavolta era diverso. Stavolta non volevo morire. Se non scrivo certe mattine rischio di morire. Appunto, tiro fuori la testa dalla macchina e vedo Andrea: il miglior amico proiettato verso cose nuove. Se solo lo sapesse. Poco più in là S., che abbaglia la realtà con tutto il sud che si porta appresso. A me il sud fa pensare al dolore irreversibile, da fuggire in piena notte, dopo l’ennesimo delitto ai danni di Placido Rizzotto. Ma forse sbaglio. Poi S. sa il fatto suo. Intanto passava il capo con la sua scia inutile, che non è affatto ombra dostoieschiana, ma solo quella necessaria a coprire vizi di provincia che a Roma si nascondono meglio.
A casa la voce di Enrica ha forma di rete morbida a cui affido i miei tentacoli doloranti, che sono stufi di apparire retrattili.
C’è Bruno che mi aspetta festante sul tavolino. Non posso abbandonarlo in questa mattina indolenzita per niente inutile. Se solo lo sapessi.
foto di luigi ghirri

 
A me il sud trasmette dolore che sa confondersi con la vita, con le persone, per questo diventa un colore: rosso per esempio. A volte troppo colore rende sgargiante anche il pensiero, e questo comincia a disegnare scenari apocalittici, che poi, se la vena è giusta, diventano poetici. Universali. Da amare. Così come vuoi bene a un’amica, al suo colore preferito, al suo sud sfacciato che cerca un riscatto a ogni angolo. Alle sue parole dolci come nenie che cullano al mattino, come nel primo pomeriggio. Anche senza sole, anche all’ombra di un sole troppo forte. Ci sono. E questo è bello, nei giorni sfuggenti come carogne.
Sto precipitando dentro parole improvvise, quasi improvvisate, per scacciare ogni equivoco maligno che scaverebbe nei bassifondi delle nostre tenere anime.
Può bastare?

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