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mercoledì 29 agosto 2012

d'amore

 La guardo dai tacchi in su e resto col fiato in bilico tra un sussulto e un agguato. Poi scivolo nel ricordo e un violento sentimento mi svuota la testa. Come questi giorni di agosto, che hanno riempito del tutto il vuoto che c'era. Nessun amico per chiacchierare la sera, e nemmeno un pensiero d'assecondare. Vuoto bianco.



Le stazioni affollate d'estate assomigliano ai miei capelli appena grigi: un fascino consolatorio per qualcosa di caotico e solare che scomparirà prima o poi. E puzza di morto intorno, così non mi restava che pensare a posizioni goderecce tra cosce, peli e schiene immense illuminate da lampadine incandescenti.

Un corpo disegnato forse da Tiziano mi attrae facendomi scivolare in locande oscene, di pensieri e desideri, coriandoli e carezze, che al culmine mi dimentico pure me stesso. Esco tra pozzanghere, risaie, comunque acque basse di melma, che mi fanno dimenticare lo sporco di lusso appena vissuto. Alla fermata dell'autobus una bambina con le gambette penzoloni soffia sbuffando i suoi capelli biondi a intervalli regolari. Il mondo tornava alla normalità; l'odore di donna tornava nel pozzo lurido e bello della sua giovinezza. Ché pari al suo dolore potrebbe non bastare il mio né quello d'altri, appena sentiti, nell'afa dei ricordi. A lei è stato tolto il dubbio del bene e del male: quest'ultimo disegnava la sua storia neonata e anche di più, fino alla sua fuga, fino alle mie braccia. Fragili e nervose sì, ma affatto malvagie e per niente ricattatorie. Povera ragazza, le sue cosce aspettavano mani di lino, e il suo seno cotone d'oriente; la sua bocca ruvide labbra meno vecchie di prima.
Questo è stato, e ora dichiara felicità senza imbarazzare le infelici vecchie amiche che non sanno più scopare con gusto. Nemmeno in agosto.



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