Scrivere non serve a niente è una
profonda bugia. Sì, che c’entra, leggere è ancora più necessario per rivedere le nostre vite, ma
anche scrivere stuzzica l’amigdala. Giuro. Il problema sta nella sintassi, nei
sostantivi e negli aggettivi giusti, da escludere. Questa è la premessa furba
per raccontarvi che ho una gran voglia di scrivere di un antico senso di colpa
che mi opprime dalla nascita. Spesso sfioro l’argomento, altre volte preferisco
raccontarlo a persone care. Poi tutto sfuma. E ricomincio a prenotare assurde
visite di controllo in giro per il Lazio. Tutti questi pensieri nella testa e
poi, all’improvviso, mi ritrovo influenzato a casa a pensare alla storia di mio
zio, che da Pola è stato deportato a Weimar e lì, allo sbando, ma libero, si è
preoccupato insieme con altri marinai di dare degna sepoltura alla principessa Mafalda. Appunto. Una degna sepoltura è come risolvere un senso di colpa, ma
dopo. Quando è in corso, è difficile. Quando stai nella realtà le cose sfumano, e poi a casa prima di chiudere gli occhi alla giornata, in quei momenti che uno
dovrebbe farci un film, passano immagini nitide di amore e dolore a cui non sai
dare un nome. Poi ti svegli e ridi con Fiorello alla radio o ti commuovi
vedendo tuo figlio che solca per la millesima volta la sua amata scuola.
Non ci riesco nemmeno oggi.
Sapete da quando esiste questo senso
di colpa? Dal 1939. Poi sopra c’è passato una guerra. Si è accesa una tivvù. La
lavatrice ha cominciato a ballare in cucina. E poi le bombe non erano più
tedesche né degli alleati, ma d’idioti capetti di dubbia ideologia.
E lei. Coi capelli lunghi posava su di una lambretta. Poi il bianco e nero si è dissolto e cercare nitidezza col colore mi è sempre risultato difficile. Chiederò a Claudio.
E lei. Coi capelli lunghi posava su di una lambretta. Poi il bianco e nero si è dissolto e cercare nitidezza col colore mi è sempre risultato difficile. Chiederò a Claudio.
Un giorno racconterò meglio questo
senso di colpa. Intanto invento fughe alla brasiliana. Mannaggia però, e se poi capisco davvero che scrivere non serve a
niente?
Da domani voglio imparare anch'io dalla filosofia: ecco la prima lezione.
Da domani voglio imparare anch'io dalla filosofia: ecco la prima lezione.
2 commenti:
Una fuga è una specie di delirio.
Delirare significa esattamente uscire dal solco (...).
Scrivere vuol dire tracciare delle linee di fuga che non sono immaginarie e che uno si trova addirittura forzato a seguire, in quanto la scrittura è un ingaggio, un imbarco (...).
Scrivere è divenire, ma non è affatto un divenire scrittore. E' divenire altro ...
GILLES DELEUZE
Ecco la seconda lezione di filosofia. In fondo basta scrivere ops!, basta chiedere, e il meglio arriva.
Grazie davvero Enzo!
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