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lunedì 8 aprile 2019

Simone c'est moi

  Mia madre non sa che lavoro faccio. Anzi, alla mia domanda dice: sparecchi i tavoli… Forse memore del mio primo lavoro: a 13 anni facevo il cameriere, ma ora ne ho 49. Certo, non l’aiuta il fatto che dai 13 ai 38 ho cambiato almeno una decina di lavori, però. Mia madre ha 82 anni e qualche problema diagnosticato male. Sa che lavoro fa mio fratello, e quello che fa mia sorella. Il mio no, non vuole ricordarlo. Mia madre è ultima di dieci figli. Rimasta orfana di padre a due anni, ha vissuto durante gli anni della guerra presso l'Istituto Divino amore. Io sono l’ultimo figlio, e da un certo periodo in poi mia madre ha sentito il bisogno di innestarmi la sua eredità genetica. Io non la voglio, chiaramente. In passato mi pareva brutto dirglielo, così avevo deciso di salvarla. L'altro giorno le ho chiesto di sforzarsi a ricordare il lavoro che faccio, poiché lo faccio da 11 anni in maniera continuativa. Ci ho provato. Al telefono. Ho perso.
Mia madre ha una voce dolce al telefono, ma in certi giorni diventa dura, in altri ancora comica. Spesso non mi risponde per ripicca.
In questi giorni sono preda del mio passato di adolescente tempestoso, anche per via della questione Simone di Torre Maura. Ho risposto cercando di sdrammatizzare a un tweet sragionato della scrittrice Stancanelli, e ne sono uscito a pezzi. Lessi folgorato un suo libro ambientato a Roma anni fa. Ne scrissi, e Minimum fax pubblicò questa specie di mia recensione sul loro vecchio e che sito. lo consigliai quel libro, stressando gli amici.
A causa del tweet in questione ho discusso in maniera snervante con una persona che è stata tra le più importanti conosciute negli ultimi anni, fino a litigarci, via whatsapp. La mia nervatura si è ingigantita per non essere riuscito a farle capire che quel tweet feriva anche il Simone che era in me, anche mio figlio, e migliaia di famiglie che vivono un po’ spaesate e un po’ con struggente normalità nei quartiere peroferici di Roma Tra l’altro, lei sa quanto mi sono speso per diffondere Piccoli maestri nel mio quartiere. Tutto questo, sempre usando lo smartphone per comunicare con questa persona per me importante. Niente, la mia gentilezza l'aveva frullata insieme ai soliti troll.
Cosa c’entra con mia madre? ah, ora provo a spiegartelo. Il non riconoscimento della persona che sono diventato da parte di mia madre comincia a pesarmi, ora che non posso e non voglio più salvarla. Lo stesso vale per il sentirmi non valorizzato al lavoro, ma qui la responsabilità è anche mia, come dice un mio amico: resta un mistero che non hai ancora un incarico dirigenziale. (li ho rifiutati alcuni, altri me li hanno sottratti all'ultimo minuto...).
Poi c’è la questione velleità che strangola la realtà. Da qualche anno ho un desiderio scemo di aderire a certi ambienti intellettuali, scrittori di narrativa, soprattutto. Ne ho bazzicato un po’ negli ultimi anni. E portavo dentro quelle presentazioni, o in quei locali dove consumavamo vino e bla bla bla, insomma, trascinavo appresso una persona che non sentivo simile a me, che non riusciva a far ridere, e non riusciva ad andare fino in fondo durante una discussione: un uomo di mezze velleità. Avevo paura, ero come il ragazzino che sono stato. A 49 anni, forse è troppo. Mea culpa, e tirram' innanz'.
In auto mio figlio stamani mi fa: non ti devi sentire secondo a certi scrittori, devi insistere, scrivi, scrivi meglio. A quel punto volevo piangere, per come proteggiamo troppo i figli e i Simone vari, poiché nel frattempo loro si spaventano per le nostre debolezze social, e ci dicono: non ti sopporto quando ti fai schiacciare dal peso degli scrittori, sono persone come te. Pure a me succede quando incontro dei rapper che adoro, ma sto migliorando. Così ha chiuso il discorso mio figlio, prima di entrare a scuola. Così chiudo questo pezzo uscito fuori senza paura di sembrare scemo. E pure scritto sempre da uno smartphone, durante la pausa caffè. No, non ci siamo ancora. Riprendi il telefono e magari fissa un incontro per chiarire. Oppure lascia cadere le nevrosi altrui dove piu gli aggrada: salvati tu. Ma soprattutto cerca di scrivere meglio: tutti i giorni una paginetta, come diceva Francesco Piccolo.


Ercole al bivio, Annibale Carracci

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