Si stava tutti lungo il pergolato d’uva pizzutello. Si pranzava lì sotto, al riparo dal sole cocente di agosto. A me pareva lunghissimo ‘sto pergolato, e quando poi ci sono tornato da adulto mi sono accorto invece che era poco più lungo del mio attuale minuscolo giardinetto. Ma allora lo vedevo infinito; a volte eravamo anche una ventina a mangiarci sotto. Tutti stretti; zio Mamuccio in canottiera con la sua abbronzatura esagerata. Zì Giannin al centro della tavola che dirigeva gli umori. Zia civitina sempre a fare la spola tra la cucinetta e la pergola che attraversava con pietanze prelibate tra le braccia. Papà e mamma come sempre un po’ defilati nel loro fare timido e impacciato. E zi Santino, che viveva a Napoli, che quando veniva portava cocomeri giganti o vassoi con decine di gustose pastarelle. Io tra loro godevo di un tempo immobile e carico di fatti che mi costringevano ad una allerta emotiva.
Spesso c’erano ospiti a tavola con noi, altri parenti o amici di mio zio. Una volta ricordo di una bambina di Milano, era bellissima, con dei capelli lunghissimi e neri. Gaia il suo nome? non ricordo bene… Cercavo di sedurla ai vari giochi che proponevo insieme al mio amico Giacomo. Credo si sia avvicinata al massimo a tre metri da noi: ma per me era già un successone. Dopo quel giorno felice l’ho sognata per tutta l’estate e quella campagna era il nostro paradiso, dove io raccoglievo i frutti del mio orto per donarglieli…
Poi, sempre sotto al pergolato, quante risate alla fine del pranzo quando zi Giannin partiva con i suoi racconti grotteschi di fatti accaduti a lui, e solo a lui potevano accadere, con l’aiuto di spalle occasionali, che gli facevano volentieri da sponda comica alle sue battute. Così oggi anch’io cerco di fare, e così facendo cerco di mantenere viva la tradizione orale - e comica - della famiglia.
Spesso c’erano ospiti a tavola con noi, altri parenti o amici di mio zio. Una volta ricordo di una bambina di Milano, era bellissima, con dei capelli lunghissimi e neri. Gaia il suo nome? non ricordo bene… Cercavo di sedurla ai vari giochi che proponevo insieme al mio amico Giacomo. Credo si sia avvicinata al massimo a tre metri da noi: ma per me era già un successone. Dopo quel giorno felice l’ho sognata per tutta l’estate e quella campagna era il nostro paradiso, dove io raccoglievo i frutti del mio orto per donarglieli…
Poi, sempre sotto al pergolato, quante risate alla fine del pranzo quando zi Giannin partiva con i suoi racconti grotteschi di fatti accaduti a lui, e solo a lui potevano accadere, con l’aiuto di spalle occasionali, che gli facevano volentieri da sponda comica alle sue battute. Così oggi anch’io cerco di fare, e così facendo cerco di mantenere viva la tradizione orale - e comica - della famiglia.
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