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lunedì 14 febbraio 2011

L'odore del sangue(finale) di Goffredo Parise .


Piazza del Popolo: "sulle sedie esterne del bar Rosati, [...] stavano dei ragazzi. Anche loro in blue-jeans, in maglietta, con un giubbotto nero, i capelli ricci e arabi tagliati corti. Alcuni andavano, altri venivano con grosse motociclette. Dico anche loro perché così doveva essere, esattamente così, come migliaia in tutta Roma, il ragazzo di Silvia. Erano, per così dire, il complemento dei rifiuti che invadevano la piazza: sapevo benissimo che Piazza del Popolo era il ritrovo, anzi il covo naturale dei ragazzi fascisti e borghesi di Roma, insieme a Piazza Euclide e il Pantheon. La piazza del popolo si adattava di più in quel particolare momento del mattino, poco dopo l’alba, e coperta di rifiuti a quella scena in certo modo emblematica della città di Roma, città fascista da sempre. Mi avvicinai per guardarli. Nel corpo erano belli, slanciati, muscolosi e naturalmente vanitosi. Con quella apparente sicurezza di quelli che un tempo a Roma si chiamavano bulli. Conoscevo perfettamente le loro famiglie, gente ricca, palazzinari, quelle famiglie che si erano tramandate la violenza fin dai tempi della famiglia Giulia, palazzinari anche quelli, ai loro tempi. Giù giù al servizio dei papi, dei Borboni, in un inestricabile groviglio di interessi e di corruzione, fino a Mussolini, e fino ad oggi. [...] Quei ragazzi borghesi, travestiti da proletari, da borgatari, o anche borgatari travestiti da borghesi che era la stessa cosa, mostravano nelle loro facce la faccia di Roma. [...] Soprattutto la Roma della violenza schizofrenica e consumista. Strane facce, le osservai a lungo. Anch’essi, di tanto in tanto, mi gettavano un’occhiata, ma non era l’ora, quella, del linciaggio. Il linciaggio era già forse stato compiuto da qualche parte durante la notte. La spedizione punitiva di quelle facce aveva itinerari casuali che nascevano sempre come scherzi, come occasioni di fare qualche risata e soprattutto di esprimere se stessi. Il pestaggio di un omosessuale, per esempio, se non, puro e semplice, l’assassinio e la fuga, come topi nelle fogne.[...] Avrei potuto indovinare i loro pensieri, sempre punitivi verso qualcuno o qualche cosa, le loro miserabili idee che oscillavano tra l’ordine e l’anarchia, il nichilismo nevrotico e distruttore, l’assassinio rapido, spietato e sempre in agguato.. Al tempo stesso quella loro mollezza, antica come Roma, la mollezza interna ed esterna della faccia diceva che erano pastasciuttari e mammoni, pronti sempre, dopo l’assassinio a correre dalla mamma, a farsi dare i soldi da papà, a fare i bamboccioni, i bambini. Facce pronte a chiedere perdono in ginocchio come a minacciare a ricattare, con la prepotenza e la violenza di quella loro stessa debolezza".

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