Devo recuperare le parole giuste per
descrivere “Pastorale americana”, di Philip Roth. Questo libro ha risucchiato
in sé tutte le parole del mondo, tutti i concetti della terra. Americana? Non
solo, poiché il tema centrale del libro mi pare che sia lo stare al mondo al
meglio delle proprie possibilità, rimanendo dentro l’enorme bolla della storia.
Illusioni e strategie conservative che si fanno spazio nell’arco di una vita.
Generazioni che si tuffano dentro i cambiamenti imprevedibili, lottando sul
ring dei valori e del progresso. I temi, durante la lettura, sembrano restare
un po’ marginali, poiché la scena è tenuta in piedi efficacemente da un
personaggio davvero azzeccato: lo svedese. In sé quest’uomo riesce a contenere
il bene e il male di uno spaccato storico americano, occidentale, che non
scivola mai nelle paludi del luogo comune, ma, anzi, dimensiona i sentimenti di
un’epoca all’interno del proprio autentico percorso esistenziale; questo
avviene anche nel rapporto tra questi uomini e donne del romanzo, all’interno della
loro società capitatagli in sorte. E
poi c’è l’inganno: quello che si auto-procura lo svedese e quello che producono
gli altri intorno a lui. In fondo un universo americano che lotta per affermare
i propri valori nonostante tutto: il Vietnam, il consumismo, le diseguaglianze.
La visione delle cose che traspare dall’agire dello svedese è progressista,
nella sua forma più tragica al cospetto della realtà. Il dinamismo sociale che
s’intravede si trova nella fotografia, oramai seppia di ricordo, del Self-mad Man
che tanto appassiona gli economisti. Ma non basta. Ci sono anche gli impulsi
distruttivi di una figlia che minano alle viscere il passaggio (classico)
generazionale. Si è corso troppo dal dopoguerra agli anni sessanta? Boh, e chi
se ne importa… quello che questo libro fa e di aprire il cuore e la testa in
parti uguali, per poi mescolare il tutto in salsa americana. Nel libro nessuna
supremazia estetica o stilistica, né tantomeno ideologica; nel raccontare l’autore
scompare subito, anche dopo l’alter ego dello scrittore del libro: lascia che
il racconto deflagri dentro le nostre giornate al mare o in città. Infatti, durante
la lettura, scordavo il nome e il profilo dei miei guai, e me ne restavo al
tavolino in compagnia dello svedese tutto il tempo a sentire il suo racconto in
silenzio; nessuno sforzo per un aspirante logorroico come me, poiché è stato
piacevole dedicargli tempo per arrivare
quasi ad annullarsi in questa storia intensa.
Pastorale americana, Philip Roth. Einaudi
Peppe Stamegna
Non sei tenuto a venerare la tua famiglia, non sei tenuto a venerare il tuo paese, non sei tenuto a venerare il posto dove vivi, ma devi sapere che li hai, devi sapere che sei parte di loro.
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