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martedì 25 ottobre 2011

Diaframma - Io ho te


Oggi mi sposo con questa canzone. In questo periodo ascolto altro, è vero,
ma, quando torno a queste canzoni, così come torno a certi pomeriggi di qualche anno fa,
mi viene da urlare, piangere, ricordare; un po' mi vergogno, un po' mi consolo.


Le vedi quelle donne che ridono quanto sono belle.
Le vedi quelle parole che proiettano immagini sulla tua faccia, sono belle anche quelle.
Tu parlavi una lingua bella e rara, ora sei sola e bara: non vuoi sentire il tuo amore che spacca la realtà. Come due parti di cocomero, che non si sa mai se è buono o cattivo. Sempre a spaccare in due le cose stiamo, mai una sfumatura che prenda il sopravvento e cacci via ogni residuo di vecchio e inutile mondo da noi scordato qualche anno fa; in cittadelle di provincia con padroni a ogni angolo, e noi già su di un treno lento e puzzolente, a strappare la patina di rabbia che poggiava senza vergogna sulle nostre giovani storie. Freschi abbracciavamo ogni persona in ogni angolo che ci capitava di attraversare. Ricordi? neanche le coperte servivano in quelle notti aperte e sincere. Stanotte invece, dal freddo che non c'era, cercavo un appiglio per sprofondare nelle pieghe del piumone. Volevo restare lì per altri otto mesi, un letargo lungo lungo che mi facesse arrivare alla scelta. Alla sera.
Buona giornata spettrini miei.

A proposito di certe canzoni, ricordo di quando mi presentai a casa di Monica col disco(vinile) dal vivo dei diaframma; me l’aveva prestato Claudio, a cui l’avrei restituito appena questa Monica me l’avesse registrato. Ma, nel frattempo, ho dovuto subire angherie varie da questa simpatica ragazza fiorentina, che chiamava “attacchini”, i suoi enormi attacchi di panico, che aveva la madre simpatica e “da sempre” compagna; un pomeriggio questa signora mi prende per mano e mi porta a visitare (l’ex?) il manicomio di Firenze, dove lei e suo marito avevano lavorato come infermieri. Chissà perché, questa bella persona mi ci ha condotto. Magari è trapelato che noi allievi fotografi siamo tutti presi dai manicomi da fotografare; non fa niente che nel frattempo tanti (e migliori) fotografi l’hanno già fatto bene. Aveva un bel rapporto con i ricoverati, fu una emozionante visita.
Insomma, tornando al disco, ricordo questa ragazza che mi sfotteva alla grande: Fiumani sembra un nazista, e un mio amico mi ha detto che è pure stronzo. E io, piccolo piccolo, contrattaccavo dicendo che Guccini era un trombone e loro piccoli suddite ideologizzate. Ma come parlavo? Insomma la discussione è continuata in macchina fino quasi a Figline. Una volta lì, dopo lo sconvolgimento della visione di un’intera collezione di porno in bella vista, era la seconda casa della famiglia di Stefania, un’altra simpatica amica di Enrica, stavo ancora a subire le angherie di questi simpatici amici fiorentini. Perché nel frattempo eravamo diventati una quindicina e tutti coalizzati nel definire i diaframma poca cosa….Enrica annuiva silenziosamente. Cominciavo a spazientirmi e, invece di menarli e mandarceli, mi isolo a chiacchierare con un tipo, “il bartola”, simpatico almeno quanto sfigato ragazzo lavoratore. Trasportava farine ai forni(?), uno che si spaccava il culo tutti i giorni. Sempre così, mi ritrovo a scappare dentro a situazioni, o persone, emarginate e originali. Ma perché? Fu un fine settimana angosciante per me; questi erano tutti artistici e politici, nessuno che venisse sfiorato da un difetto o da un limite. Scopavano, fumano canne, e ridevano convulsamente dalla mattina alla sera. Io di pietra cercavo il bartola per soffrire in compagnia. Enrica rideva con loro. La mia psiche si faceva solleticare dalla sensibilità. Come oggi, che non sopporto quelli duri e puri, anche allora tenevo lontano il contagio della combriccola, della congrega. Ho dovuto pure urlare che Guccini valeva poco, quando in realtà, alcune sue canzoni mi piacevano tanto tanto. E di Guccini fu il primo concerto che vidi appena arrivato a Firenze, insieme a Marco, un altro sfigato ma stavolta con stile e storia.
Sempre con questa congrega fiorentina una volta l’ho fatta grossa: litigo con Enrica e mi faccio scaricare dalla macchina in periferia (l’isolotto?). Come un pazzo comincio a camminare nemmeno fossi Tenco, dopo un po’, con la paura dei cani che mi saliva su, mi ritrovo dentro un taxi alle tre di notte a cercare la casa di Stefania. Stavolta più alla Fred Bongusto, mi ritrovo ai piedi di Enrica, dentro questa bella casa (prima casa) della famiglia di Stefania. Questi genitori tanto diversi dai nostri, che ti facevano trovare pure le pantofole e l’asciugamano. Davvero ospitali. Ma perché non mi sono messo a frequentare ‘sti genitori, invece che i figli compagnoni ma anche un po’ coglioni? Oggi lo farei, giuro.
L’ultima volta che ci siamo visti con loro fu in occasione del concerto del duemila dei Csi con Bregovic, al palazzetto di Firenze. Ci avevano comprato i biglietti, noi stavamo a Roma a quel tempo, forti di anni di esperienza urbana. Anche in quell’occasione, anche coi Csi, loro continuavano a preferire Guccini solo Guccini. E che cazzo, pure Guccini comincia a sentirsi minacciato da ‘ste congreghe…
Per dire che a me, nonostante i vantaggi sociali, piace sempre starmene in disparte col disco dei diaframma sotto braccio. Senza spocchia di sorta.

p.s. Ricordo che ‘sto vinile nero era tutto macchiato dalle dita unte di grasso di ‘sti simpatici ragazzi.

1 commento:

Capitan vongola ha detto...

Bel pezzo di cronaca. Non è sfiga ma refrattarietà e va bene così. "Se la incontrate per strada, usate il napalm!"