Oggi mi sposo con questa canzone. In questo periodo ascolto altro, è vero,
ma, quando torno a queste canzoni, così come torno a certi pomeriggi di qualche anno fa,
mi viene da urlare, piangere, ricordare; un po' mi vergogno, un po' mi consolo.
Le vedi quelle donne che ridono quanto sono belle.
Le vedi quelle parole che proiettano immagini sulla tua faccia, sono belle anche quelle.
Tu parlavi una lingua bella e rara, ora sei sola e bara: non vuoi sentire il tuo amore che spacca la realtà. Come due parti di cocomero, che non si sa mai se è buono o cattivo. Sempre a spaccare in due le cose stiamo, mai una sfumatura che prenda il sopravvento e cacci via ogni residuo di vecchio e inutile mondo da noi scordato qualche anno fa; in cittadelle di provincia con padroni a ogni angolo, e noi già su di un treno lento e puzzolente, a strappare la patina di rabbia che poggiava senza vergogna sulle nostre giovani storie. Freschi abbracciavamo ogni persona in ogni angolo che ci capitava di attraversare. Ricordi? neanche le coperte servivano in quelle notti aperte e sincere. Stanotte invece, dal freddo che non c'era, cercavo un appiglio per sprofondare nelle pieghe del piumone. Volevo restare lì per altri otto mesi, un letargo lungo lungo che mi facesse arrivare alla scelta. Alla sera.
Buona giornata spettrini miei.
A proposito di certe canzoni, ricordo
di quando mi presentai a casa di Monica col disco(vinile) dal vivo dei
diaframma; me l’aveva prestato Claudio, a cui l’avrei restituito appena questa
Monica me l’avesse registrato. Ma, nel frattempo, ho dovuto subire angherie varie da questa
simpatica ragazza fiorentina, che chiamava “attacchini”, i suoi enormi attacchi
di panico, che aveva la madre simpatica e “da sempre” compagna; un pomeriggio
questa signora mi prende per mano e mi porta a visitare (l’ex?) il manicomio di
Firenze, dove lei e suo marito avevano lavorato come infermieri. Chissà perché,
questa bella persona mi ci ha condotto. Magari è trapelato che noi allievi
fotografi siamo tutti presi dai manicomi da fotografare; non fa niente che nel
frattempo tanti (e migliori) fotografi l’hanno già fatto bene. Aveva un bel
rapporto con i ricoverati, fu una emozionante visita.
Insomma, tornando al disco, ricordo
questa ragazza che mi sfotteva alla grande: Fiumani sembra un nazista, e un mio
amico mi ha detto che è pure stronzo. E io, piccolo piccolo, contrattaccavo dicendo
che Guccini era un trombone e loro piccoli suddite ideologizzate. Ma come
parlavo? Insomma la discussione è continuata in macchina fino quasi a Figline. Una
volta lì, dopo lo sconvolgimento della visione di un’intera collezione di porno
in bella vista, era la seconda casa della famiglia di Stefania, un’altra
simpatica amica di Enrica, stavo ancora a subire le angherie di questi simpatici
amici fiorentini. Perché nel frattempo eravamo diventati una quindicina e tutti
coalizzati nel definire i diaframma poca cosa….Enrica annuiva silenziosamente. Cominciavo
a spazientirmi e, invece di menarli e mandarceli, mi isolo a chiacchierare con
un tipo, “il bartola”, simpatico almeno quanto sfigato ragazzo lavoratore. Trasportava
farine ai forni(?), uno che si spaccava il culo tutti i giorni. Sempre così, mi
ritrovo a scappare dentro a situazioni, o persone, emarginate e originali. Ma perché?
Fu un fine settimana angosciante per me; questi erano tutti artistici e
politici, nessuno che venisse sfiorato da un difetto o da un limite. Scopavano,
fumano canne, e ridevano convulsamente dalla mattina alla sera. Io di pietra
cercavo il bartola per soffrire in compagnia. Enrica rideva con loro. La mia
psiche si faceva solleticare dalla sensibilità. Come oggi, che non sopporto
quelli duri e puri, anche allora tenevo lontano il contagio della combriccola,
della congrega. Ho dovuto pure urlare che Guccini valeva poco, quando in
realtà, alcune sue canzoni mi piacevano tanto tanto. E di Guccini fu il primo
concerto che vidi appena arrivato a Firenze, insieme a Marco, un altro sfigato
ma stavolta con stile e storia.
Sempre con questa congrega fiorentina
una volta l’ho fatta grossa: litigo con Enrica e mi faccio scaricare dalla
macchina in periferia (l’isolotto?). Come un pazzo comincio a camminare nemmeno
fossi Tenco, dopo un po’, con la paura dei cani che mi saliva su, mi ritrovo
dentro un taxi alle tre di notte a cercare la casa di Stefania. Stavolta più
alla Fred Bongusto, mi ritrovo ai piedi di Enrica, dentro questa bella casa (prima
casa) della famiglia di Stefania. Questi genitori tanto diversi dai nostri, che
ti facevano trovare pure le pantofole e l’asciugamano. Davvero ospitali. Ma perché
non mi sono messo a frequentare ‘sti genitori, invece che i figli compagnoni ma
anche un po’ coglioni? Oggi lo farei, giuro.
L’ultima volta che ci siamo visti con
loro fu in occasione del concerto del duemila dei Csi con Bregovic, al
palazzetto di Firenze. Ci avevano comprato i biglietti, noi stavamo a Roma a
quel tempo, forti di anni di esperienza urbana. Anche in quell’occasione, anche
coi Csi, loro continuavano a preferire Guccini solo Guccini. E che cazzo, pure
Guccini comincia a sentirsi minacciato da ‘ste congreghe…
Per dire che a me, nonostante i
vantaggi sociali, piace sempre starmene in disparte col disco dei diaframma
sotto braccio. Senza spocchia di sorta.
p.s. Ricordo che ‘sto vinile nero era
tutto macchiato dalle dita unte di grasso di ‘sti simpatici ragazzi.
1 commento:
Bel pezzo di cronaca. Non è sfiga ma refrattarietà e va bene così. "Se la incontrate per strada, usate il napalm!"
Posta un commento