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lunedì 10 ottobre 2011

il racconto di Anna Maria Ortese è del '53. ci avevo quasi preso,...


Appena sentito una studentessa cinese - della Bocconi – all’infedele di Gad Lerner. Caspita parlava di realismo come io parlo dei miei drammi: con timidezza e passione. L’unica cosa che so fare davvero, poi vabbè, ci sono altre due o tre cose che faccio decentemente, ma qui, ora, non voglio parlare di me. Davvero? Stai sempre a parlare di te, anche quando parli di Rosaria o di Battiato: ti svegli tulipano e ti addormenti narciso. Embè? Non si può fa’? In realtà questa cosa me l’ha insegnato anche un po’ Antonio; ma chi quello del racconto o Pascale? quest’ultimo, che al corso, e con i suoi ultimi libri, mi ha mostrato un metodo di narrazione che, partendo dal particolare (io, i miei guai, anche piccoli e quotidiani) si arrivi all’oggetto, all’universale. Dove poi ci si rimane per raccontare la realtà senza urlare, ma ragionandoci e mugugnandoci su. Poi il resto lo fanno lo spessore, lo stile, e il tipo di narrazione che si srotola. Lo so, e ho le prove. Delle volte mi obbligo a scrivere costruendo dopo aver progettato. Non esce nulla di buono. Poi, rimanendo su quel nulla, parto scivolando dentro i ricordi delle emozioni provate, divincolandomi dai drammi  con affanno, ma scacciando il dolore, e arrivo a te. Al racconto; ma spesso il fil rouge è spezzettato. Impalpabile. Come diceva la devota. Già. Allora bisogna fare qualcosa. Studiare, consultare, amici e libri. Vivere fiutando le cose e le persone intorno, e poi sprofondare con grazia nel torbido lurido mondo interiore. Altro che purezza. Beati voi, da me urge un depuratore potente. Per non essere un fetente con l’aria perbene. Basta, meglio far colare un po’ di merda dalle tasche, senza goderne come sadico annoiato, sia chiaro; invece che avere la testa all’insù alla Travaglio e compagnia pura, no, non ci riesco più. Un tempo era facile, vero Marcello? Oggi dopo le varie falciate alla base delle nostre illusioni, oggi, ritrovarsi a lavorare sodo “nel sociale” per rischiare la fame e ringhiare a ogni angolo, oggi, non possiamo affidarci a idee che si sono afflosciate per sempre dentro laghi di niente. Che freddo amici, che gelo che sento.
Eccomi già che corro all’impazzata con le molotov ai talloni.
Tu sei lì sola con gli occhi tristi e mi guardi pensandoli felici, i miei. Ti concedo quest’ultima folgorante illusione.
Prendila stanotte, e dormi serena.



http://www.italica.rai.it/argomenti/grandi_narratori_900/ortese/biografia.htm

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