Appena sentito una studentessa cinese
- della Bocconi – all’infedele di Gad Lerner. Caspita parlava di realismo come
io parlo dei miei drammi: con timidezza e passione. L’unica cosa che so fare
davvero, poi vabbè, ci sono altre due o tre cose che faccio decentemente, ma
qui, ora, non voglio parlare di me. Davvero? Stai sempre a parlare di te, anche
quando parli di Rosaria o di Battiato: ti svegli tulipano e ti addormenti
narciso. Embè? Non si può fa’? In realtà questa cosa me l’ha insegnato anche un
po’ Antonio; ma chi quello del racconto o Pascale? quest’ultimo, che al corso,
e con i suoi ultimi libri, mi ha mostrato un metodo di narrazione che, partendo
dal particolare (io, i miei guai, anche piccoli e quotidiani) si arrivi all’oggetto,
all’universale. Dove poi ci si rimane per raccontare la realtà senza urlare, ma
ragionandoci e mugugnandoci su. Poi il resto lo fanno lo spessore, lo stile, e
il tipo di narrazione che si srotola. Lo so, e ho le prove. Delle volte mi
obbligo a scrivere costruendo dopo aver progettato. Non esce nulla di buono. Poi,
rimanendo su quel nulla, parto scivolando dentro i ricordi delle emozioni
provate, divincolandomi dai drammi con
affanno, ma scacciando il dolore, e arrivo a te. Al racconto; ma spesso il fil
rouge è spezzettato. Impalpabile. Come diceva la devota. Già. Allora bisogna
fare qualcosa. Studiare, consultare, amici e libri. Vivere fiutando le cose e
le persone intorno, e poi sprofondare con grazia nel torbido lurido mondo
interiore. Altro che purezza. Beati voi, da me urge un depuratore potente. Per non
essere un fetente con l’aria perbene. Basta, meglio far colare un po’ di merda
dalle tasche, senza goderne come sadico annoiato, sia chiaro; invece che avere
la testa all’insù alla Travaglio e compagnia pura, no, non ci riesco più. Un tempo
era facile, vero Marcello? Oggi dopo le varie falciate alla base delle nostre
illusioni, oggi, ritrovarsi a lavorare sodo “nel sociale” per rischiare la fame
e ringhiare a ogni angolo, oggi, non possiamo affidarci a idee che si sono
afflosciate per sempre dentro laghi di niente. Che freddo amici, che gelo che
sento.
Eccomi già che corro all’impazzata
con le molotov ai talloni.
Tu sei lì sola con gli occhi tristi e
mi guardi pensandoli felici, i miei. Ti concedo quest’ultima folgorante
illusione.
Prendila stanotte, e dormi serena.
http://www.italica.rai.it/argomenti/grandi_narratori_900/ortese/biografia.htm
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