Eccomi che guardo le foglie secche
cadere una ad una, e io che neppure quest’anno raccolgo i frutti. Sono caduti
marci quasi tutti quanti, tranne uno, che, proprio mentre stava scendendo
sfruttando un surplus di gravità, quando gira bene gira davvero bene, mi sfiora,
e si va a poggiare su di una melmosa palude. A me di metterci le mani proprio
non va. Son fatto così, che, seppur abbia messo spesso le mani nelle
marmellate più disparate, ma poi, appena
sento puzza di muffa, scappo via. Allora con tutta l’aria fresca sugli occhi
intravedo nuovi incroci, nuove facce. Stavolta ho la schiena a pezzi e i piedi
indolenziti. La foresta mi appare troppo urbana con i suoi grovigli a forma di
strade polverose e caos di chiacchiericci sul da farsi: una società migliore o
la carbonara stasera?
Quindi sono qua, davanti a un pc,
davanti a te, davanti alle ossessioni colorate di humour. Amore mio che prende
la forma del mio corpo, le mani non ce la fanno a tenere: pesa un accidenti quest’amore
eterno. Saltavo dicevo, saltavo come folle che segue una palla che rimbalza
sempre per non conoscere l’amarezza della terra.
Op, op, e tutti sono belli. Op, op, e
tutti sono aperti. Op, op, e tutti sono da amare. Palla bucata, strada bagnata,
e l’incanto che s’impadronisce di un’angoscia. Non la lascia stare e ne vuole l’essenza
per farla poi divorare al mostro del quarto piano. Quello tanto sta lì solo per
stroncare gli entusiasmi. Sta lì da sempre che aspetta il peggio.
Le mie sorelle fanno a gara per le
mie storielle, poi, in un pomeriggio di sole, quando il vento scopre l’orrore
della malattia ben celata, si danno a gambe pure loro.
Stiamo tutti a correre, che le
gazzelle e gli struzzi sono attoniti e demoralizzati da tanto traffico
pedonale. Salite in macchina e deprimetevi! Il progresso ha bisogno di un
costo, di un sacrificio, mica arriva e ti bussa al mattino con giornale e
ciambella zuccherosa. Uè, ma cosa avevi capito? Torna al paese allora e mettiti
su di una panchina che poi arriva Zio e ti trova l’impiego. Ti trova e ti
(im)piega bene bene. Che ti vuole bene, e vuole (s)piegarti che le cose della
vita stanno dentro a un corpo ciccioso che vuole bloccare ogni energia in
surplus. In silenzio, ché nonna prega guardinga in chiesa. Gli altri ognuno al
proprio posto. Siediti, e aspetta.
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