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venerdì 20 gennaio 2012

sogno n°3


Sembro più di quanto non sia, c’è poco da fare, anima mia, è così.
Però vedo cose visionarie e promettenti, come a volte sembra un certo passato che mi segue discreto. Come quella volta appena entrati, due giovani con la pelle tirata e liscia, in una casa di studenti salentini; appena dopo aver pagato caparre e affitti al capo studente, chiusa la porta, i due corpi si sono levigati fino alle rifiniture. Non c’era tempo che teneva, discrezione che frenava: quei corpi volevano morbidezze di panna. Da lì a poco ricompare il capo studente che, accortosi del momento solenne, abbassa il capo e torna a studiare economie inutili, almeno a loro due, che sprecano ogni risorsa e risparmio sul campo.
No, non pensate a Klimt, no, vedete piuttosto quella scena del Decameron, dove esili corpi si accucciano dopo i tuoni e fulmini che sfondano la scena di pioggia.
Le caramelle le hanno mangiate tutte, e le dita le hanno leccate bene, ora è cielo aperto da tuonare per tornare ad amare. E lasciate stare le canzoni col fiato corto, immaginate certe acidità di Nico e dei maledetti coi capelli corti.
A che punto siamo? Quale punto ancora toccare, smuovere, per colorare visioni cerebrali da immolare per la causa dell’onestà prima di tutto?
Non saprei, ditemele voi.

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