Pagine

mercoledì 29 febbraio 2012

Luciano


Lampada realizzata da Claudio Muolo. “la bambina che imparò a volare”


Quattro facce che si specchiano tra i volumi oscuri; una luce che proviene dal fondo e che da le spalle a Luciano. Lui, dal contorno irrequieto e con parole tenere, ci fa sedere. Le sedie non le ricordo più, neppure le piastrelle né i marmi, o i davanzali. Quella musica classica che sorprende come un amico ritrovato, me la ricordo ancora; ci acquietava sulle sedie, accanto alle storie ancora da esprimere con la luce, che miagolavano timide qualche sentimento. La grigia luce di Firenze, e delle sue strade. Beh, un po’ ci rimasi male per tutto quel grigio. Poi però certe mattine sbattevi contro il battistero e svenivi di bellezza. E cadevi in quelle fiaschetterie strette di persone paonazze di ribollite. Non c’era mai vento in quella città. Luciano ci accomodava dentro la sua liturgia di luci e ombre, di bianchi e neri, di storie e sogni. A me le orecchie non bastavano più, e gli occhi non ce la facevano a contenere tutte quelle immagini. La bocca rimaneva spalancata fino alla notte. Restavano solo le mani sudate d’emozioni a prendere un po’ d’aria per non soffocare sul più bello. Le parole di Luciano coloravano i racconti, poi con stile le stendeva con cura sul tavolo; ne aveva per tutti, non si risparmiava mai. Alzava le lenti e capiva tutto, suggerendo le foto da salvare tra le troppe dei provini, e poi i negativi d’affogare nell’acido in attesa di una lenta rinascita inaspettata. Anche se a volte, di colpo, scompariva nel suo pozzo e ci lasciava soli nel chiostro a cercare le ultime margherite della stagione. L’indomani tornava ancora a farci intendere che sul limitare dei nostri difetti c’è il confine dalle nostre capacità. Così da provocare tutte le illusioni possibili, che si mettevano a ballare sopra le nostre teste, ma che restavano alla larga da quella di Luciano: mi sa che avesse una qualche protezione di fabbricazione tedesca, a difenderlo dalle lusinghe caramellose del presente. Io no, stavo sempre a scartare caramelle di tutti i gusti: dentro sorprese con le facce di Jodice, Weston, Ghirri, Fellini e altre decine di figurine che si lasciavano desiderare.
Ora lui c’è con le sue foto nuove, a me il piacere di non averlo scartato troppo come una caramella, e di aver aspettato il giorno esatto per abbracciarlo. Fuori sento già il vento.

Nessun commento: