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sabato 10 marzo 2012

fiorella



Tonino sapeva poco delle sue mani. Quella volta sì è fatto prendere dalla fretta e dai desideri. A lei era piaciuto, e mica poco. E voleva continuarlo a vedere ancora. Dietro quella macchina, al riparo da occhi indifferenti, avevano giocato a fare i grandi con le mani, la bocca e i sospiri. Nessuno a testimoniare. Peccato. Ché quello che si ricordano loro è già sedimento e si poggia sopra altri sentimenti, altre impressioni più o meno belle, senz’altro esperienze uniche e indimenticabili. Quella lo era stata. Fiorella non aveva il coraggio di raccontarlo alle amiche, e nemmeno alla cugina del cuore. Le pareva che fossero sorde a certe gioie improvvise. Così una mattina ha fatto una specie di test.
“ Secondo te Tonino ci vuole provare con me?”
“ Non credo, quello guarda sempre Maria.”
Appunto, pensò. E così quella primavera trascorse con passeggiate lungo tutte le scogliere possibili, dove calava sempre il sole. Ogni scoglio un bacio, ogni passo un abbraccio. E nel mezzo qualche spinta: diventavano all’improvviso come bambini  che lottano come in una danza primitiva. E loro lo facevano. Poi le mani ricominciavano a scendere invisibili a cercare anfratti di miele e spine. All’epoca la comunicazione passava tutta dal vero, e di virtuale c’erano solo i sogni.

“Ma perché quell’uomo si è tuffato in mare? Stava su quella barchetta, lontano dalla spiaggia, eppure si è tuffato.”
“Ma no, guarda che io non sono mica sicuro che si fosse tuffato. Si vedeva poco con quella foschia. Abbiamo visto solo qualcosa che cadeva in acqua. Bo', io non sono sicuro che fosse un uomo.”
“Certo che lo era. La stranezza non fu il tuffo, quanto che fosse marzo e faceva ancora freddo.”
“Ora ti metti a ricordare quel fatto triste. Già all’epoca litigammo per questa cosa, oggi no, dobbiamo andare al concerto, dai.”
“Mi è tornato in mente perché ho pensato a quel periodo.”
“Tra le tante cose, belle, intense e significative, tu proprio a quella barchetta barcollante in mezzo al mare devi pensare?”
“Senti, io penso quello che mi va di pensare. E poi non voglio litigare, solo ricordare, hai capito ora?”
L’arrivo della metro tardava, e loro assumevano un atteggiamento che lì faceva sembrare a una stazione ferroviaria del paese piuttosto che in città, presso uno degli snodi più importanti. Sulla banchina erano soli. Si sentivano dei rumori provenienti da sotto di due uomini, forse slavi, che discutevano alzando ogni tanto la voce. Di colpo il silenzio, e il vento caldo e prepotente che anticipa l’arrivo della metro scaccia ogni scenario possibile. I due uomini magari ora stanno bevendo di gusto il Tavernello rosso, comprato al discount dopo una giornata di scrocco miserevole. Intanto dentro i posti da scegliere sono tanti, Tonino come al solito preferisce quelli accanto alla porta d’uscita. Quella buona per la loro fermata, subito dopo Ostiense. Fiorella infila la bocca di rossetto viola nella sua bocca. Lui sente di cadere all’indietro, si capisce da come si aggrappa ai tubi laterali. Un poster fuori dal vetro illustra una scena di vita campestre con dei biscotti tondi al lato, stanno lì come se non fossero loro i protagonisti di questa storia.

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