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martedì 13 marzo 2012

talea


Ti hanno lasciata sola davanti al precipizio. E tu non sei caduta. Ti hanno lasciata sola in braccio all’orco. E tu sei scappata via. Hanno urlato come bestie mentre  stavi per addormentarti. E tu hai tappato le orecchie. Oggi davanti alla fermata del tram, poco prima della pausa pranzo, hai lasciato cadere nel cestino dei rifiuti tutte le belle foto che testimoniavano un periodo tristissimo.
Era seduto alla panchina con le gambe accavallate, con quella faccia che a te piaceva tanto e per cui quel mattino di novembre hai lasciato tutto rotolare dietro al treno che ti portava a Firenze, da lui. Era lì seduto e non voleva disturbarti, aveva solo voglia di immaginare il sale che scendeva dalle tue tasche; le stesse che contenevano quei pochi spicci per l’ultima ribollita alle palle d’oro. Fuori un freddo da cacciare, e tante strade d’attraversare.
Ti ha seguito fino a viale Liegi, dopo l’incrocio con la Salaria, poco prima degli odiati Parioli. Sei entrata svelta in quel portone enorme. Poche scale e stavi già tra facce sbalordite di sogno con quelle manine che coglievano l’aria, aspettando inquieti carezze pomeridiane. Ti accovacci tra di loro e pensi alla cena da preparare. Chiamare Luisa? Uscire con Paolo? Lo scorso fine settimana l’hai passato a piangere su quelle foto. Non volevi uomini né amiche tra i piedi. Ti sei dimenticata di mangiare. La doccia l’hai fatta per pietà dei colleghi. La Littizzetto ti stava pure antipatica quella sera. Cazzo, lasciatemi qui e basta! Poi la notte hai fatto un sogno intenso: tu che pedalavi sulla bicicletta di Alfredo, e che ti lasciavi andare in discesa senza mani fino giù al torrente. Intorno case con finestre sorridenti. Chiazze di serenità qua e là. Ti svegli calma e vai a correre a villa Torlonia. I bambù somigliano agli adulti come lì vedevi da bambina. Si piegavano poco, e resistevano bene allo schifo dello smog. Al lavoro hai brillato più del solito, e alle colleghe non restava che arrendersi e brillare d’inerzia anche loro. Per pranzo un panino divorato come anni fa un uomo smilzo in estate: all’aperto, accanto al gozzo, dopo le birre e le chiacchiere allegre che salivano fino alle stelle. Un caffè con panna chiudeva l’entusiasmo.
E da quel momento ha continuato a seguirti, dalle foto nel cestino, fin dentro a questo androne buio. Ti prego, apri questa porta, amore mio.

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