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domenica 22 aprile 2012

Parise al presente


Ci sono certe domeniche che ogni cosa si appoggia sull’altra: la polvere sul mobile, così come i corpi sui divani, o anche gli occhi su dei libri. Così sono arrivato a leggere ancora una volta i racconti de “Sillabari”, di Goffredo Parise. Ogni tanto me ne leggo due o tre dei suoi cinquanta e passa racconti, e poi sto meglio senza più quella pesantezza a cui non sai o non vuoi dare un nome. Come fa lo scrittore veneto, nel racconto “Malinconia”, facendo vivere a una bambina tutta la dolce anticamera della parola giusta per definire una condizione: un susseguirsi di azioni che raccontano uno stato d’animo. Senza mai nominarlo, semmai dichiararlo al momento opportuno, e col giusto ritmo. Invece, nel racconto “Sesso”, osserviamo una signora in compagnia della sua noia che si trasforma in una parentesi di desiderio. Noi con lei a sentire gli odori. L’attesa assonnata di una chiamata, di un incubo che riempie la notte.
A me questo libro serve in certe domeniche, e in certi tiepidi pomeriggi estivi. Quando sono spaventato dal cielo grigio, o dalle parole a salve che certe cattiverie degli amici esplodono in dei sabati sera inutili.  E per duellare contro l’insostenibile morte lenta che ci toglie il fiato.
Avrei dovuto leggere qualche pagina di questo libro a M., prima dello schianto, poco prima della disperazione, al posto dell’ultimo caffè. Sarebbe servito? Non credo, ma mi viene da pensare al benessere improvviso, ma antico, poiché già mille volte provato, che trasmette incautamente questo libro di racconti brevi. Aggiusta i quadri alle pareti, rendendo più saturi i colori.
Di solito uso la stessa movenza nel prenderlo nella libreria accanto al caminetto: disegno un arco leggero col braccio, nella mano già alcuni colori. Poi la stessa posa raccolta e ipnotica durante la lettura. Immersione totale. Il volume intorno si abbassa, la luce fionda sulla pagina. Dietro di me soffici pensieri, davanti l’odore di Silvia, i muscoli di Giovanni e le strade in bianco e nero sullo sfondo.
Le pagine si dilatano per entrare quasi tutto al suo interno viscerale e sensibile: amore, sesso, malinconia, potere, morte. Una pioggia sottile che neanche si posa, questa la sensazione che le parole dei racconti donano al ricordo; quando, a distanza di mesi che non l’hai riletto, e allora aspetti di farlo nella domenica giusta o nel pomeriggio perfetto, per dichiarare guerra alla noia e recuperare l’aria nuova che spesso scordiamo di respirare.
Il tempo di questo libro è al presente. Gli uomini e donne sono lì dentro per sempre. I bambini o i cani, le macchine e le nuvole, ogni cosa rimane là dentro nitido e fresco, e la copertina rosa antico invita a stare leggeri dentro al tondo mondo dei suoi racconti. 

2 commenti:

Giovanna Iorio ha detto...

Mi piace tantissimo quello che hai scritto, e in particolare l'inizio:
"Ci sono certe domeniche che ogni cosa si appoggia sull’altra: la polvere sul mobile, così come i corpi sui divani, o anche gli occhi su dei libri."
Meraviglioso.
:) Giovanna

peppe stamegna ha detto...

grazie mille!