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domenica 1 aprile 2012

verso Sermoneta


I miei eroi sono le mani amiche da stringere, gli occhi da incrociare mentre osservo le loro facce che cercano la forma migliore in certe serate. Per dare il meglio. Per costruire una storia per me. Così mentre la mia macchina scivolava comoda sull’Appia tra paesi che vorresti abitare, pensavo ai conti che tornano e alle persone che contano, davvero. Allora avvicinarmi a Sermoneta voleva dire qualcosa. Sono lento nel recuperare i vuoti. Ci sono persone che decidono i tuoi giorni, quelle che dicono l’ultima parola, attraverso l’ultimo sguardo. E tu allora capisci. Prima non potevi, non fartene una malattia. C’era la guerra tra i vicoli di Gaeta, e resistere con i sogni in tasca era l’unica trincea d’amore possibile. L’eroina e il posto fisso erano le due rese opposte e sorelle. Ho voltato le spalle a queste due sorelle bionde, avevo altre dipendenze ad aspettarmi alla stazione. Avevo Enrica. Avevo “Meno di zero” nella tasca. Avevo Luciano e il suo mondo da prendere a prestito. Poi come un torrente ogni cosa mi è venuta incontro, a volte sbattendo contro le mie spallucce facendomi precipitare sul marciapiede devastato. Eccomi qua, che sistemo alla meglio il marciapiede e osservo i miei amici che con le facce disegnano la mia storia. La scrittrice con la sua tenera eleganza, e Claudio con la sua maestria; infine le parole di una bella storia raccontate con la musica giusta. Fuori, lontano di là dalla valle, le iene dalle fessure colorate d’invidia impazzivano di solitudine. Fuori, dentro la ferocia qualunque, chi galleggia ancora sui cadaveri che la corrente degli anni ci ha consegnato in una mattina d’aprile.
Sto a terra sereno con le nuvole a distanza di sicurezza. Intorno sogni in fase di lallazione che aspettano il labiale giusto per proseguire.


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