I miei eroi sono le mani amiche da
stringere, gli occhi da incrociare mentre osservo le loro facce che cercano la
forma migliore in certe serate. Per dare il meglio. Per costruire una storia
per me. Così mentre la mia macchina scivolava comoda sull’Appia tra paesi che vorresti abitare, pensavo ai conti che tornano e alle
persone che contano, davvero. Allora avvicinarmi a Sermoneta voleva dire
qualcosa. Sono lento nel recuperare i vuoti. Ci sono persone che decidono i
tuoi giorni, quelle che dicono l’ultima parola, attraverso l’ultimo sguardo. E
tu allora capisci. Prima non potevi, non fartene una malattia. C’era la guerra
tra i vicoli di Gaeta, e resistere con i sogni in tasca era l’unica trincea
d’amore possibile. L’eroina e il posto fisso erano le due rese opposte e
sorelle. Ho voltato le spalle a queste due sorelle bionde, avevo altre
dipendenze ad aspettarmi alla stazione. Avevo Enrica. Avevo “Meno di zero”
nella tasca. Avevo Luciano e il suo mondo da prendere a prestito. Poi come un
torrente ogni cosa mi è venuta incontro, a volte sbattendo contro le mie
spallucce facendomi precipitare sul marciapiede devastato. Eccomi qua, che
sistemo alla meglio il marciapiede e osservo i miei amici che con le facce
disegnano la mia storia. La scrittrice con la sua tenera eleganza, e Claudio
con la sua maestria; infine le parole di una bella storia raccontate con la
musica giusta. Fuori, lontano di là dalla valle, le iene dalle fessure colorate
d’invidia impazzivano di solitudine. Fuori, dentro la ferocia qualunque, chi
galleggia ancora sui cadaveri che la corrente degli anni ci ha consegnato in
una mattina d’aprile.
Sto a terra sereno con le nuvole a
distanza di sicurezza. Intorno sogni in fase di lallazione che aspettano il
labiale giusto per proseguire.
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