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lunedì 9 aprile 2012

zuppa geniale


Ieri ho fatto a pezzetti tanta di quella cipolla mia cara. Poi mi sono nascosto per mischiare le lacrime al sale: ne è venuta fuori una zuppa geniale. Un tegame di me. Ma non è finita, visto che l’olio del soffritto mi bombardava impietosamente, sono scappato tra le mie gambe sudate di paura. Mi è venuta una voglia di conoscere il gusto migliore della terra, quello che fa svenire i sensi e ci proietta verso le nuvole bianche. Così mi sono alzato e ho letto le foto di ieri, di quegli scatti aperti a ogni gesto, a ogni segreto intimo della donna. Non potevo sperare di meglio in quei miei anni di apprendistato: le donne mi sfioravano nel letto e poi si alzavano, rimanendo a fissarmi nudo e domato. Avevo fretta di sapere, annusare i primi odori del mattino. Non sedevo mai durante il mattino. Parlavo sempre e toccavo ogni cosa che mi si parava davanti. Cominciavo ad acquietarmi nel pomeriggio, e per aiutarmi leggevo fumetti in bianco e nero. Lì le donne erano o sembravano tutte bionde, con gambe lunghe e affusolate verso gli uomini. I miei occhi pedalavano verso torrenti ghiacciati e smettevano solo davanti agli alberi che sbocciavano tulipani sui rami. La sera poi raccoglieva tutto il disordine e si presentava con la faccia di Chiara, che aveva una tunica bianca niente male. Quattro pasticche e scompariva.

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