zuppa geniale
Ieri ho fatto a pezzetti tanta di
quella cipolla mia cara. Poi mi sono nascosto per mischiare le lacrime al sale:
ne è venuta fuori una zuppa geniale. Un tegame di me. Ma non è finita, visto
che l’olio del soffritto mi bombardava impietosamente, sono scappato tra le mie
gambe sudate di paura. Mi è venuta una voglia di conoscere il gusto migliore
della terra, quello che fa svenire i sensi e ci proietta verso le nuvole
bianche. Così mi sono alzato e ho letto le foto di ieri, di quegli scatti
aperti a ogni gesto, a ogni segreto intimo della donna. Non potevo sperare
di meglio in quei miei anni di apprendistato: le donne mi sfioravano nel letto
e poi si alzavano, rimanendo a fissarmi nudo e domato. Avevo fretta di sapere,
annusare i primi odori del mattino. Non sedevo mai durante il mattino. Parlavo
sempre e toccavo ogni cosa che mi si parava davanti. Cominciavo ad acquietarmi
nel pomeriggio, e per aiutarmi leggevo fumetti in bianco e nero. Lì le donne
erano o sembravano tutte bionde, con gambe lunghe e affusolate verso gli
uomini. I miei occhi pedalavano verso torrenti ghiacciati e smettevano solo
davanti agli alberi che sbocciavano tulipani sui rami. La sera poi raccoglieva
tutto il disordine e si presentava con la faccia di Chiara, che aveva una
tunica bianca niente male. Quattro pasticche e scompariva.
Nessun commento:
Posta un commento