Un anno di merda. Un anno pesante
senza tregua. Un anno di graffi e schiaffi, senza una vera guerra. Un anno finito
che mi ha sbattuto a terra, rompendo ogni ossa a parte la testa. Nessun
colpevole, tranne che me; ma vedo occhi serrati e labbra secche davanti ai miei
incubi; orgogli frantumati lungo vie ancora luminose, dove passeggiare diventa quasi
agonia, con buste della spesa piene di poco, incollate a mani colorate di vene
e petrolio.
Questo veleno ha lo stesso colore dei
tuoi occhi, nella mattina che accoglie piogge e parole feroci. Guardiamoci e
lasciamo uscire il nero che si diverte dentro le nostre bocche carnose. Come ha
fatto Gerardo, tuo cugino, che si è fatto sbattere fuori di casa dalla moglie.
Oramai portava a casa meno di mille euro al mese e i pomeriggi li passava a
bere birre e mangiare noccioline. Poi la sera film porno giapponesi, in lingua
originale. Le poche energie che restavano di certo non le donava alla moglie,
che coi suoi capelli lisci e puliti lo salutava appena la mattina, dopo il
caffè. Quella domenica invece l’ha sbattuto fuori con parole che grondavano
sangue viola; lui ha fatto la valigia, e sentendosi a suo agio in questi anni
isterici, attraversando il salone ha fatto una sceneggiata discreta da salotto.
Poi una porta che sbatte, e il figlio che si rimette con la testa dentro al
nintendo. Una vecchina passa lì davanti con un bustone di cicoria di strada e
sorride serena al pappagallo nel mosaico.
Allora perché sfigurarsi di sera con
gli occhi dentro al pozzo rosso di cianuro e dolore? Meglio sarebbe farsi
crescere i baffi e noleggiare un camper. Come aveva fatto Gino, il tuo ex
ancora amico tuo, che aveva vinto il
camper di seconda mano alla sagra della cipolla trifolata. I primi tempi andavano
sempre in giro per l’Italia, ché i figli urlavano di gioia a ogni data
annunciata: Ravenna, Genova, Rimini, e poi tante altre località attraenti sulle
coste. Poi un pomeriggio, dopo uno schiaffo e un regolamento di conti
inaspettato, si è ritrovato ad apparecchiare per uno nel piazzale dei capolinea
dei bus. Una scatola di tonno e un bottiglione di verdicchio dimenticato nella
dispensa, segnano un inizio che abbraccia una fine pietosa.
Allora perché ridi di tua moglie che
stramazza sempre di più nella stanza, per il disagio che invade ogni angolo di
casa e del cuore? perché non prenderla per mano e provare a passeggiare in
quelle stradine un po’ buie e piene di gerani e odori sereni?
Staresti meglio coi baffi, certo; come
Antonio, che adesso accompagna nei giorni dispari la figlia a scuola. La vede
entrare di corsa nel portone che inghiotte bambini e zaini, e, una volta che
scompare dai suoi occhi, scappa in macchina a sfidare gli attacchi di panico
che lo aspettano nel sedile accanto.
Allora spacca le pietre che aspettano
in giardino di essere divise per poi trovare posto tra rose, ciclamini e odori
vari.
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