Ho sostenuto quarantadue esami all’università
in tre anni, non tutti brillanti, sia chiaro, ma li ho fatti. Nel frattempo è nato
mio figlio e morto mio padre. E poi lavoravo sodo. Insomma, oggi vorrei di
nuovo tutta quell’energia là per investirla di nuovo, ma nel lavoro stavolta. Quello mio,
non del dipendente che sono stato. Rischiare proprio oggi che mio figlio è
stato bocciato all’esame del Trinithy, significa, forse, che sarebbe il miglior
modo per abbracciare il futuro senza farsi stringere da cappi di presente
stantìo; be’, qui si tratta davvero di impiegare il coraggio e non rabbie
stagionali. Partecipare e non lamentarsi. Ma io sono pure tutte queste cose
chiassose e folli, che mi schiacciano sopra il materasso molle della mia
realtà. E anche altro di poco edificante. Insomma, umanamente allo sbando,
dentro un circo variopinto di unghie laccate e senza peli superflui non mi
resta che chiedere ad Andrea una ricetta per la leggerezza da praticare tra
mura domestiche, gratis, e con scenari magnifici da desiderare.
Vorrei piangere tutta la notte, e
svegliarmi con le ossa lucide.
Oggi la cosa più interessante che mi
è capitata sotto gli occhi è questa:
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