Pagine

martedì 12 agosto 2014

Avevo una gran fretta di liberarmi degli anni '90

Avevo una gran fretta di liberarmi degli anni novanta. Sbagliando, come sempre, quando decido solo razionalmente cosa sia giusto fare. Quegli anni novanta dei centri sociali, delle letture e dei concerti necessari, quegli anni di dolore messo da parte, oggi, nel pieno delle ferie d’agosto, mi si presentano come figli abbandonati.
Negli ultimi anni mi sono difeso come una tigre da quei tempi di mangiamo solo biologico;  dal “non lo leggo perché non so se è di sinistra”; da “quegli amici degli amici che sono troppo normali”. Sto diventando pazzo tra il sentirmi libero di mangiare quello che voglio, di leggere o ascoltare e frequentare chi voglio, e quel mio annuire ringhioso quando invece sento gli altri dichiarare cose che non mi convincono del tutto, e sembra che stiano sussurando: siamo migliori perché diversi. Ammettilo, così facendo rischi l’isolamento, illudendoti di avere amici solo dalle notifiche, e non avvicinando davvero ai tuoi schiusi sentimenti gli amici veri.  Rischiando la faccia, e il cuore – questo sì che pare necessario – per fargli ascoltare le tue impressioni più spietate o delicate sul mondo, magari inaspettate anche per te.
 Ho percorso più di duemila chilometri in questi giorni (con pochi euro in tasca) per raggiungere un dubbio più autentico: basta razionale contro irrazionale, chilometro zero contro il mondo. Qui non si arriva a niente; già sono rimasto bloccato per un decennio a causa di un’insicurezza dettata dai soliti padroni del pensiero pieno, totale, quasi religioso. Ora vorrei scegliermi in santa pace il guado da attraversare, il libro da leggere, l’ignoranza da servire. Gli amici da frequentare.
Sto frequentando vecchi amici, oltre che per un affetto smisurato, per capire da dove arrivano le mie paure, così come le mie migliori intuizioni. Mi sento obbligato di continuare a vedere l’effetto che fa quando espongo al sole della rete i miei pensieri improvvisi, a tratti spregiudicati, che delle volte sorprendono e spingono al dilà della boa di sicurezza la mia esistenza.
No, non sarò mai uno che camperà solo di parole e d’idee, forse dopodomani, magari dopo una botta di culo, ma oggi a me importa che ogni cellula deviata del mio essere faccia il suo mestiere: scompaginarmi i piani e guidarmi nei sentieri del verosimile. Voglio essere un esempio per i miei afflitti e lacunosi anni novanta, spingendo più in là ogni frenata inevitabile, ogni tenera inadeguatezza. Sono bello così, quando arreso alla sera mi dipingo la testa e lascio scorrere la punteggiatura della mia storia. Umile, ricca, desolante (durante l’insonnia), vincente (quando godo le glorie di un attimo), ma soprattutto solitaria e piena di voci irrequiete che s’impongono per un legittimo riconoscimento. Oggi, non domani.


Sto scrivendo spinto dalla lettura di questo bel pezzo; poi sempre ieri ho finito di leggere anche questo ma, inutile negarlo, soprattutto perché sto cercando di inventare una cosa che mi ha chiesto la mia “inservibile”, preferita, e indispensabile figura di riferimento del momento. Lo farò usando la mia voce, nient’altro che una voce delicata, cruda, sensibile, che cercherà di raccontare un pezzettino di vita romanzata senza lagne o presunte superiorità morali. Poco meno che me catapultato dentro tutti voi. Staremo a vedere, cari e pazienti amici veri o verosimili, chiunque voi siate.
I miei anni '90 appesi a un filo...
foto di claudio muolo


1 commento:

Capitan vongola ha detto...

ti ho letto. ti sbircio tutti i giorni. così, te lo scrivo per non parlarmelo da solo ;)