Pagine

domenica 9 luglio 2017

mitomania, buttami via.


Ci vuole molto coraggio ad andare a Procida come ci siamo andati noi, per due notti e dopo mesi di tempeste e incomprensioni. Ci vuole coraggio imbarcarsi e raggiungere l’isola più sghemba e attaccata alla terra d’Italia, di lunedì. Arrivare a piedi alla casa Airbnb in collina di Rosaria e fare quelli disinvolti, tutti sudati e cordiali. Pare che ognuno di noi si sia scelto un motivo segreto, astruso per essere lì e non a Tenerife o a Santorini o a Gardaland o ad uno rap store. Ma chi siamo noi? Coltivo da secoli l’hobby del fare esperienze uniche, solo mie, dettate da passioni smisurate ma passeggere. Sto rischiando di trascinare tutta la famiglia in questo vulnus, in queste scelte spinte da non so più quale demone post-fricchettone-aristocratico-ammuffito. Passeggiavo a passo spedito con il grande dal borgo della Corricella in direzione casa Rosaria sfiorati da bici con pedalata assistita, ma, chissà come, ci siamo ritrovati in aperta campagna, di notte, e con una discussione appiccicata addosso che  trascinavamo dal porticciolo: vedi che non mi ascolti? Continuava a dirmi e io calmo, trattenevo tutta l’ansia dell’esserci persi e mi sforzavo a non usare la mia nuova droga quotidiana: google maps! Ma io ti ascolto, solo che a volte parli troppo in fretta… ma lo sai che… e così fino a quando con l’ausilio di una vecchina ad un angolo tra due stradine strette, che chiacchierava con la nipotina - lei sì che ascoltava la bambina - ci siamo ritrovati finalmente a casa. Dovevo finire la rilettura del libro di Elsa Morante ambientato in questa isola scorbutica e bella, come certe signore al secondo dettagliato sguardo. Appena ho finito la lettura, oltre a scoprire mille dettagli in più rispetto a vent’anni fa, googlando, ho scoperto pure che soggiornavo a cento metri dall’albergo dove la scrittrice ha vissuto con lo sposo Moravia, e dove pare abbia concepito L’isola di Arturo. La storia di un sedicenne come mio figlio, che doveva affrancarsi da un mondo fanciullesco, stretto e doloroso. Cambia lo scenario, si modificano le abitudini ma i mutamenti tremendi e belli che avvengono in adolescenza credo siano più o meno sempre gli stessi da qualche generazione in qua. L’indomani raggiungo l’ex albergo dove soggiornava la scrittrice, ora trasformatosi in pizzeria, e fotografo l’ingresso del giardino, che una vecchina poco prima mi aveva indicato come il giardino di Elsa. E dicendomelo cosi quietamente mi ha trasmesso un silenzioso piacere. Dare un nome d’affezione a un giardino per me vale più di mille piazze o cento scuole: il giardino di Elsa.




L’anno scorso ho letto La Storia, e il prossimo anno? Alla fine di questo pensiero ho sotterrato un lembo di mitomania accanto alle ortensie blu. La mia claudicante mitomania, quella che erode l’impegno e fa sembrare tutto così possibile, tutto un po’ viziato da scemenze e velleità da raccontare eccitato agli amici; come quando a vent’anni stendevo le mie foto appena stampate sul letto e aprivo le monografie dei miei amati fotografi d’allora: cercando vicinanze artistiche, presunte attitudini millenarie in comune. Cercavo.  Che buffo ero a vent’anni: sensibilissimo, permaloso, allegro e puro come una bottiglia d’idrolitina. Certo, continuare a credere di appartenere a un piccolo mondo di lettere e amenità, in verità così lontanissimo, e presumendo di starci dentro ma non ricordando bene  ogni volta il mito di Ermione, be’, non se ne può più davvero di questo andazzo, caro Giuseppe. No, non sto per fare ipocriti proclami estivi;  no, non mi metto a spifferare livorosi commenti inediti su quel mondo: vorrei solo imparare a scegliere mete più affini ai miei desideri e godermi consumazioni a base di pasticcini in quei bar privi di ogni happy hour, slot o cazzate varie che non ci hanno mai appartenuto. Ecco, mi basterebbe riuscire a non appartenere a niente in questa estate già così fuggiasca, che mi costringe a restare all’ombra di un’acacia dove aspettare le buone idee azzurrine  del mattino: sarebbe già una tregua d’amore. Questa cosa vale solo se letta all’incontrario: partendo dalla tana sul mare e arrivare fino all’imbarazzo del mio pollice su questo punto.




Nessun commento: