Ha ragione da vendere, e lo sa, se
solo riuscisse a vendere, come faceva da ragazzino, i carciofi dello zio alle
signore ricche di Vindicio, se solo riuscisse a scrollarsi di dosso orpelli di
sensi di colpa, oggi, forse, sarebbe più sereno tra gli altri. Non ne vuole sapere
dice, di vendere né di avere ragione. Basta lo sguardo dolce della moglie su di
lui, in un sabato sera elettrico che dispensa gioie e dolori in parti uguali.
Si sbriciolano le scorie rabbiose dei giorni passati nelle teste ammuffite degli
altri. Dei migliori. Della piazza. Del sociale. Della notte. Dei misteri. Lui
no, lui vuole camminare veloce ma sereno
sulle spiagge infinite di levante. Bagnare i piedi nelle acque gelide del
tirreno che sconfina verso le isole, dei sogni, delle memorie. Dei pianti. Poi
mettersi maglie riciclate addosso e ridere come un matto al cospetto degli
amici belli, e della famiglia tonda come una palla magica che rimbalza nei
giorni della sua storia. E mai si ferma, mai sbatte contro gli altri; li evita
appena per non propagare il malessere ma disperderlo nelle fogne giganti che
l’immenso “sociale” ha prodotto in questi anni d’illusioni e parole. Pericolose
parole che inquinano le nostre vite: appese a un sogno oramai divenuto tozzo di
carbone come la faccia del padre.
Questo pensava e mentre lo faceva
desiderava sorrisi sinceri.
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