Voglio crescere, altroché. Solo che
non voglio farlo avvolto da bandiere scolorite, dentro slogan senza senso. In
tutta onestà stanotte vorrei seppellire le mie frasi dell’altroieri, anzi, a
pensarci meglio, le voglio spolverare di senso e ridargli vita. Ma che cazzo
scrivo? Quest’onnipotenza verbale mi fa tremare: in fondo sto qui a divertirmi
di me e delle nuvole che mi passano sugli occhi in certe giornate strane.
Così si avvicina a quella fotografia
a toni tenui, che aspetta di essere stampata in quella domenica d’agosto. Ma il
vento tormenta i suoi capelli, e un principio di nervoso saliva su dai suoi piedi;
quindi, preferisce bere un caffè con panna. Il chiosco poggia sulla scogliera,
sotto a filo d’acqua cime logore di vecchie barche già riciclate dal mare. Aspetta,
e intanto i capelli litigano con le sue mani sempre più agitate. Non vede più
le case pastello una attaccata all’altra, che solo un secondo fa scorrevano
come immagini dentro macchinette fotografiche finte, che vendevano alle feste
patronali. Appena arriva glielo racconta, di come scattava quelle foto sapendo
di scattare un desiderio. Per poi vedere uscire fuori facce e posti fintamente
dimenticati, per esplodere di stupore verso quei grigi aperti verso neri
opachi: i bianchi si erano immolati per la causa ottusa di certe teorie
ideologiche. Ecco che il vento smette di istigare, tutte le finestre dentro quei
pastelli si aprono e aspettano. Che esca fuori una donna, un sorriso o uno
sbuffo, poco fa; importa che ci sia estate là dentro. Come sulla scogliera, che
ora si stacca dal porto e lentamente deriva verso i palazzoni vecchi d’inverno,
quasi galleggianti sulla città vecchia, e che si burlano di tutte quelle case
pastello e dei loro balconcini che esplodono di basilico.
Si sveglia con la testa leggera e i
capelli tagliati. Apre le persiane e vede il vento schiaffeggiare le chiatte
deserte del porto: tutti già in mare, il niente da immortalare.
Due ragazzi, uno alto e uno basso,
che forti di solitudine si fanno sospingere da una velenosa adolescenza. Il faro
rosso oscura ogni verità inutile agli occhi degli altri. L’ombra a levante è
calda e protegge da sguardi insidiosi, che vorrebbero raccontare loro questa
storia grigia di paure e desideri.
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