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martedì 6 marzo 2012

crescere



Voglio crescere, altroché. Solo che non voglio farlo avvolto da bandiere scolorite, dentro slogan senza senso. In tutta onestà stanotte vorrei  seppellire le mie frasi dell’altroieri, anzi, a pensarci meglio, le voglio spolverare di senso e ridargli vita. Ma che cazzo scrivo? Quest’onnipotenza verbale mi fa tremare: in fondo sto qui a divertirmi di me e delle nuvole che mi passano sugli occhi in certe giornate strane.

Così si avvicina a quella fotografia a toni tenui, che aspetta di essere stampata in quella domenica d’agosto. Ma il vento tormenta i suoi capelli, e un principio di nervoso saliva su dai suoi piedi; quindi, preferisce bere un caffè con panna. Il chiosco poggia sulla scogliera, sotto a filo d’acqua cime logore di vecchie barche già riciclate dal mare. Aspetta, e intanto i capelli litigano con le sue mani sempre più agitate. Non vede più le case pastello una attaccata all’altra, che solo un secondo fa scorrevano come immagini dentro macchinette fotografiche finte, che vendevano alle feste patronali. Appena arriva glielo racconta, di come scattava quelle foto sapendo di scattare un desiderio. Per poi vedere uscire fuori facce e posti fintamente dimenticati, per esplodere di stupore verso quei grigi aperti verso neri opachi: i bianchi si erano immolati per la causa ottusa di certe teorie ideologiche. Ecco che il vento smette di istigare, tutte le finestre dentro quei pastelli si aprono e aspettano. Che esca fuori una donna, un sorriso o uno sbuffo, poco fa; importa che ci sia estate là dentro. Come sulla scogliera, che ora si stacca dal porto e lentamente deriva verso i palazzoni vecchi d’inverno, quasi galleggianti sulla città vecchia, e che si burlano di tutte quelle case pastello e dei loro balconcini che esplodono di basilico.
Si sveglia con la testa leggera e i capelli tagliati. Apre le persiane e vede il vento schiaffeggiare le chiatte deserte del porto: tutti già in mare, il niente da immortalare.
Due ragazzi, uno alto e uno basso, che forti di solitudine si fanno sospingere da una velenosa adolescenza. Il faro rosso oscura ogni verità inutile agli occhi degli altri. L’ombra a levante è calda e protegge da sguardi insidiosi, che vorrebbero raccontare loro questa storia grigia di paure e desideri.

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