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venerdì 4 maggio 2012

scappa


Non volevo venire fino a quaggiù, ma stamattina mi hanno chiamato, e seppure non volevo, ho dovuto accettare senza pensare.  I primi a uscire sono due ragazzi robusti con sopracciglia rifatte e magliette nere attillate; dietro due ragazze bionde con pantaloni stretti e unghie affilate viola, la testa bassa e con quelle lacrime dorate che si vedono solo in tivù. Una delle due porta una borsa rosa piena di documenti, sembrano troppi per la loro giovane età. Ora mi passa accanto una donna con cosce robuste e mi sembra di riconoscerla: provo un assenso ma sembro invisibile. Intorno sento un torrente scorrere, sarà sotterraneo che qui vedo solo auto e motorini accoppiati a disegnare una valle di metallo. Neppure un amico. Non volevo venirci, lo sapevo, ché dopo mi arrivava il magone e quella voglia di piangere sarebbe svanita alla vista di chi stava già peggio di me. Come quella volta sul camion militare che tutti piangevano e vomitavano per il distacco, tranne me, che il distacco l’avevo anticipato in solitudine, dentro la cameretta piena di scritte oscene e incazzate verso il mondo. Oggi nessuno è incazzato ma tutti hanno voglia di essere deboli e ammettere ogni fragilità, nascosta preziosamente sotto il cuscino fino a stanotte. Ora scendono in parecchi, forse è un gruppo, una squadra, una classe intera o semplicemente si ritrovano per caso nello stesso stato e vanno insieme.

Forse ancora non tocca a me e allora compro il giornale, siedo al bar, dove prendo un caffè con panna. Mando un messaggio. Osservo la barista. Sembra lontana da quelle persone che scendono le scale in fretta; questa barista con dei grandi occhi neri mobili e scintillanti, che non sa neppure del fatto che stiamo vivendo, mi potrebbe tornare utile tra poco. È presto, meglio gustarmi il caffè e tutta la panna, che perdermi tra i seni di questa ragazza svelta e gentile e sicura tra questi tavoli deserti, davanti a una piazzetta che per metà è parcheggio con strisce gialle.

Sono già in corsa che scappo da questo posto di merda pieno di gente che non conosco affatto e soffro per qualcosa che mi stava capitando. Soffro sì, ma già è ricordo che scappa con me; come mio zio che scappa dal campo di Buchenvald e soffre all’idea di riabbracciare la moglie giovane dopo un giorno di cammino per le strade devastate di quell’Italia là. Oggi è di nuovo scassato il mondo e io scappo per non doverlo dire: sono un’ottimista del bene e sorrido sempre alle persone che incontro. Come uno scemo di guerra corro verso altre persone, queste sono stanche di me e del mio ottimismo. Corro e mi vedo sulle gambe di mia madre, giovane, appare forte nel tenermi per sé. Corro e sento puzza di bruciato di ferraglia ai lati della strada, sì, è tutto quel che riesco a sentire d’intere comunità diverse e lontane da me; sì, è vero, non riesco più a pensare davvero bene, se non di qualcosa che già conosco.

Sbatto contro l’albero gigantesco davanti al palazzo storico e bello della sua semplicità, con attorno una piazza tonda che vuole accogliere tutti, un po’ alla volta, tutti quelli che capitano per sbaglio qua. Mi sdraio allungandomi e sento un odore dolce di sudore. È mio, lo riconosco, sono ancora qui allora, tra di voi e piantato anch’io nella piazza che accoglie ma lascia passare, non trattiene nessuno. Non ha senso farsi trattenere per sempre quando si è liberi solo in movimento. Come gli zingari. Come i gruppi rock che vanno su e giù per l’Italia a cantare a squarciagola i sentimenti nuovi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

L'acchiapparella e' il gioco che intriga piu i bambini ancora prima di conquistare il cammino.iniziano a divertirsi a essere acchiappati e ad acchiappare gia' in braccio agli adulti.forse la cosa in comune tra chi scappa e chi insegue e' quel sentimento di resa che sopraggiunge durante la corsa.per chi scappa la tentazione di lasciarsi prendere e per chi insegue la tentazione a lasciar andare.belli i bimbetti che corrono fino a sfracellarsi le ginocchia!non mollare bambolo!s.

peppe stamegna ha detto...

Scappa potrebbe essere un monito o una fotografia. A me interessa poco, volevo solo esprimere un dimenarsi tra paludi immaginarie e persone che mi annoiano molto, troppo.
Caro anonimo, di certo la tua attenzione fa eccezione.
grazie mille per le tue sette righe dedicate al mio postarello
ciao
p.s. continua a ficcare il naso, che mi fa piacere solleticartelo