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lunedì 6 maggio 2013

i racconti di Mimì


 Questi racconti hanno un filo fragile che li lega: i personaggi gravitano tutti nel mondo della musica, da outsider o precari, improvvisati o in declino. Che appare come un mondo cui lo scrittore voglia suggellare con dei ritratti asciutti e memorabili. Da sempre diffido di scrittori di canzoni che passano a scrivere libri di narrativa. Da sempre aspetto che lo faccia qualcuno in particolare, da potergli concedere il lusso di sfidare la mia patetica diffidenza. Non di certo mi aspettavo che Mimì Clementi scrivesse questi racconti. A volte aspettare è un po’ come annegare; invece questi racconti emergono con freschezza salata, di un tempo chiuso, lontano, da cui congedarsi con stile. Nei personaggi ce n’è di stile, nelle loro movenze o nelle loro vite dissolute, e in certe scelte che disegnano un profilo, assai diverso da quello che conoscevamo già. Questo pare che faccia Clementi, che già nei testi delle sue canzoni, secche e aperte, mostra ritratti definiti da gesti o passi illuminati da una luce di taglio. E mi pare un po’ come il muro che ho appena tinteggiato, che quando ci sparo il faretto da sotto mostra tutte le parti non rasate per bene e i buchi tappati troppo in fretta. Poi mi siedo e dal divano vedo una parete uniforme e bella, e lo è soprattutto perché so di quante sfumature compongono l’insieme, e il valore aggiunto sta nelle piccole crepe e nelle ruvidità ricoperte di verde che ne alimentano la bellezza.

Questo libro di racconti è limpido e fresco, nei suoi dialoghi misurati, nelle essenziali e sensibili descrizioni degli ambienti e nella – sempre difficile -  discrezione di mostrare con dignità le debolezze umane, senza tacerle o esaltarle nel brodo della diversità. Tutto appare difettoso nei personaggi, tutto barcollante e prossimo a cadute la narrazione di certi ambienti. Niente appare di più, o sfocato, perché ogni parola è a posto, ogni attimo è scandito con cura. Ecco, la forma si fagocita ogni diffidenza e mi lascia godere dell’affetto che lo scrittore ha nei confronti dei suoi personaggi: Fausto Rossi riappare come nella canzone sotto l’insegna della Sony, ma con una dilatazione che lo restituisce ancora più commovente. Marylin martoriata che risucchia dentro la sua morte ogni presunta innocenza americana. La signora che chiede di essere intervistata e costringe il giornalista e la sua morbosità a bassa tiratura a retrocedere davanti a una vetrata di un ristorante cinese, dove la signora, attrice improvvisata in un film su Glenn Gould, attraverso una sorta di affinità elettiva gli lascia intravedere un grumo di amicizia, nell’ascolto e nell’attesa della reciproca conoscenza. Bello vedere da dietro il giornalista-musicista che si aggrappa alla signora di settantadue anni, arzilla di curiosità nel suo presente.

Capita spesso che le parole colorino troppo le storie, soffocandole in anguste stanze, dove manca la necessaria sfumatura. Quello che riesce a fare Mimì Clementi in questo libro, sfatando diffidenze e pregiudizi che a volte mi costringono in scantinati polverosi della mente, è quello di riscaldare i racconti senza incendiarli, seppure le vite là dentro appaiono prossime all’autocombustione.

Grazie a Ettore per avermelo prestato, alleggerendomi di un’inutile diffidenza.

4 commenti:

marisa salabelle ha detto...

Avendo seguito il tuo blog e avendolo trovato piacevole, ti ho segnalato per il “Very Inspiring Blogger Award”. http://marisasalabelle.wordpress.com. Complimenti!

jimmyjazz ha detto...

YEAH!
e ora dobbiamo beccarci un reading!
_ettore_

peppe stamegna ha detto...

https://www.youtube.com/watch?v=j0E8p8I5cVI, tipo questo.
a presto!

jimmyjazz ha detto...

Santa Minimum-Fax lo ha ristampato!
The Basketball Diaries - Jim Carroll
http://www.minimumfax.com/libri/scheda_libro/600

te lo scrivo quà perchè è attinente....

"Per tutto l'inverno dell'85
ho passato i miei pomeriggi di fronte allo stereo
in camera di mio fratello
ad ascoltare Wicked Gravity di Jim Carroll..."