Di come arrivano le
facce, gli sguardi e gli abbracci. Di come ogni cosa sa di quella cosa che
pensavi da quell’inverno là. Senza finzioni, solo odori che espandono sogni e
vita eterna. Mi cibo di feste, incontri organizzati, dove lasciar contaminare
pensieri e parole: una via che facilita la vita. Di una serata. Di un periodo.
Di un’epoca che sta già nel ricordo. Ma che bello ricordare senza piangere di
rabbia. Il gusto del travestimento che appare come gioco: la mimesi di vite
altrui vestite in lontani pomeriggi adolescenziali. E tu dov’eri? Bevevi alcol? Ti facevi le canne? Pensavi all’amore
complicato? Io non c’ero. Ma tutta quell’aria azzurra e quei vicoli, strade
nere, discese e piazze enormi per le nostre storie da nascondere, c’erano già e sapevano di te. La tua semplice bellezza che apparteneva a tutti. Pini
marittimi inclusi. E le spiagge d’inverno. Quel comico rintanarsi nelle cabine
aspettando la risposta.
Ieri la risposta l’hai
trovata e ti sei girato di scatto verso il giardino pensando al bene che ricevi da questi
momenti, da quelle parole, e da quegli sguardi che desideravi dal 1985, marzo,
o giù di lì. Il limone era esploso nel frattempo.
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