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lunedì 10 marzo 2014

facce, sguardi.

Di come arrivano le facce, gli sguardi e gli abbracci. Di come ogni cosa sa di quella cosa che pensavi da quell’inverno là. Senza finzioni, solo odori che espandono sogni e vita eterna. Mi cibo di feste, incontri organizzati, dove lasciar contaminare pensieri e parole: una via che facilita la vita. Di una serata. Di un periodo. Di un’epoca che sta già nel ricordo. Ma che bello ricordare senza piangere di rabbia. Il gusto del travestimento che appare come gioco: la mimesi di vite altrui vestite in lontani pomeriggi adolescenziali. E tu dov’eri? Bevevi alcol? Ti facevi le canne? Pensavi all’amore complicato? Io non c’ero. Ma tutta quell’aria azzurra e quei vicoli, strade nere, discese e piazze enormi per le nostre storie da nascondere, c’erano già e sapevano di te. La tua semplice bellezza che apparteneva a tutti. Pini marittimi inclusi. E le spiagge d’inverno. Quel comico rintanarsi nelle cabine aspettando la risposta.

Ieri la risposta l’hai trovata e ti sei girato di scatto verso il giardino pensando al bene che ricevi da questi momenti, da quelle parole, e da quegli sguardi che desideravi dal 1985, marzo, o giù di lì. Il limone era esploso nel frattempo.


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