Mi rigiro nel letto e con me
girano tutti gli incipit possibili per raccontare di come sono incazzato.
Niente, questo è il migliore.
Ieri a Libri Come mi sono ascoltato
tutto l’intervento di Gipi, e le domande che gli faceva Fofi riguardo al suo libro. Colpito da
quel suo dolore onesto colorato di parolacce, che mio figlio fingeva di non
ascoltare, mentre giocava con Pou sul mio cellulare, quando poi alla fine ce
l’avevo davanti per stringergli la mano, impaurito, e senza coraggio me ne sono
andato a una festa di compleanno. Ero inquieto. Arrivo e divoro olive e pizza.
In giardino si parla ancora della Grande bellezza, dei vecchi film di
Sorrentino, ma poi siamo finiti a parlare di Pennacchi. E racconto del suo essere
progressista, e di come io sia condannato a esserlo, per via della povertà dei miei
nonni che ancora volteggia sulla mia casetta riscaldata. Ebbene, quando il mio amico sposa la causa di Mauro Corona, sul dramma dell’umanità di aver perso
l’abilità di accendere il fuoco con le pietre, sono sbottato. Educato, ma
sbottato, ho detto: mo’ quando ti perdi nel bosco hai il Gps, e su, basta con
questa nostalgia che si possono permettere solo i ricchi. E lui: dovevi essere più coraggioso e invece
di comprare la casa avresti dovuto comprare un terreno, un agriturismo. Incasso e penso che questo è proprio matto. Come in
trance gli rifilo tutto il coraggio che (io sì) ho avuto di cambiare
lavoro ogni volta che percepivo sarebbe diventato un limbo. Di tutte le volte
che ho tentato invano di creare Cooperative sociali con gli amici, lui
compreso: ah! affetto per gli amici, quanti freni che produci. Stremato, con un bicchiere di
vino in mano, concludo che io ancora ci credo. A cosa? chiede lui, dopo che era
riuscito solo ad accusarmi di andare troppo sul personale. E io di nuvole non
parlo, quando sento accusarmi di non aver avuto coraggio in passato. Embè. Amico
stasera ti ho battuto.
A pensarci bene, forse un po’ di
ragione ne aveva il mio amico. Sì, perché ieri non ho avuto neanche il coraggio di
stringere la mano a Gipi e chiacchierare con lui, ché oramai, tra libri e pezzi
suoi su internet, lo frequento di più che questo mio vecchio amico. Ecco. Il
punto. A quest’amico voglio bene, ma il suo farmi incazzare non riguarda più la
sua persona. Oramai sto più su twitter che al telefono con gli amici. Solo che
poi quando questi di twitter li vedo e li annuso in pubblico, be’, un po’ mi spaventano.
Come dice Pennacchi: se fossi stato amato da piccolo, chisenefregava di
scrivere libri da grande. Ed io: se avessi avuto il coraggio di stringerli la
mano, chissenefregava di litigare con il mio amico un po’
depresso?
Ti dedico questa canzone, amico rassegnato.
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