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domenica 10 giugno 2018

L'esordiente e la coca cola

Due parole, due parole buone per descrivere una sconfitta liberatoria. Sono rimasto due mesi ad aspettare che mi convocassero quelli della casa editrice L’eruttiva, per definire l’uscita del mio libro di racconti. Ero pronto per la collana esordienti. I racconti erano autosufficienti e avevano bisogno solo di un editing finale, così mi disse con un tono flebile Antonio Campanella, editor che mi accolse con una coca cola tenuta come una sigaretta, in un pomeriggio tiepido poco prima dei miei quarantotto anni. Quella sera fu una delle ultime volte che mi incazzai platealmente in casa, dopo un diverbio col figlio grande. Poi uscii, vagai con una paura di rovinare tutto e tutti, e feci un patto con i miei demoni tirando fuori una smorfia di sorriso che si  specchiò dentro una vetrina di un compro oro. Mi sono detto: da oggi faccio l'esordiente, basta capricci, lagne o altri drammi ereditati da una vita sempre in salita, quella vecchia vita spesa perlopiù a compiacere gli altri. Comprai lo spumante e brindammo in piedi: col contratto in una mano e nell’altro il calice, confessai ai ragazzi di queste mie velleità letterarie. Da sempre le avevo strozzate a colpi di vergogna e insicurezza. Il piccolo disse: io lo sapevo già, ho letto un tuo file aperto. Mia moglie era raggiante e il grande mi dava pacche sulle spalle a ritmo di “bella papà”. La famiglia, a cui ho dedicato i miei ultimi anni e a cui ho sottratto squarci di vita intima destinata a creare mondi paralleli, parentesi sofferte in cui cercavo di dare il meglio di me a dispetto del mio frustrante e amato lavoro e della mia storia interrotta a quindici anni: la famiglia che mi cingeva e amava davanti a una tavola apparecchiata. È da quando ho sedici anni che vorrei scrivere un libro. Ingenuo, curioso, caparbio e carico di un’ignoranza linguistica e lessicale insormontabile, attesi fino ai quarant’anni prima di iscrivermi a un corso di scrittura di Antonio Pascale. Da lì in poi gioco a ping-pong con le mie velleità. Frequentando come un imboscato presentazioni di libri, dove spaesato sudavo sotto quelle mie camicie colorate. Poi arrivò la scrittura matta e incessante per il blog, e gli amici sorpresi che mi incoraggiavano, e la scrittrice curiosa che mi sosteneva. E quelli che mi leggevano senza mie sollecitazioni pruriginose, mi gratificavano ancora di più. Poi arrivò Elisa a suggerimi di andare a un incontro pubblico con questi editor della casa editrice L'eruttiva. Ci andai un sabato mattina, e Campanella insieme al suo capo stavano seduti tra gli scaffali nella stessa libreria dove feci il corso di scrittura. Il destino, pensai, il coglione che sono, penso ora. Sì, perché se fossi stato più intelligente quella coca cola a mo’ di sigaretta che teneva Campanella, con quella sua posa stanca, avrebbe dovuto farmi riflettere: cosa significa autosufficiente quando parli di racconti di un esordiente? Campanella me lo disse in un incontro successivo, senza il suo capo, lo stesso che poi disse che Campanella fu radiato, e da quel momento in poi la linea editoriale cambiò. Un po’ dubitai, a dire il vero, dopo l’incontro della coca cola, ma per comprimere il timore della riemersione di antiche paranoie ereditate in famiglia, mi zittii da solo, in macchina, dentro un pomeriggio radioso e appena ventilato che mi accolse all’imbocco del Gra. E bevvi tutto d’un sorso quella aspettativa frizzante. Ci campai una primavera intera, la stessa che vide il figlio grande imbrigliato nella sua adolescenza inquieta. Ecco, L’eruttiva mi diede quel più di vita che sto utilizzando ancora per ascoltare meglio le paure e i desideri di mio figlio. Oggi colgo il mio stato di grazia per ringraziare anche la casa editrice L'eruttiva. Ciao a voi.
Il destino, penso ora, quello che ci facciamo sceneggiare da editor con la coca cola penzolante in mano, è un racconto scritto male senza trama né sospensione: una lineare cazzata che sa di panna e preti vecchi, donne incantate e limonata. Il destino, bah, sempre meglio un mattino fresco con una dolce erezione tra cinguettii e bip-bip dei compattatori che penetrano nella mia finestra.


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