Scendo dalla metro a S. Giovanni alle
tre. Assolata e bella nella sua verde e monotona vastità. Salgo su verso la
testa del corteo. Lo sento già da via Filiberto; m’incuriosisce vedere la testa
di questo corteo, visto che in questi giorni non sono riuscito a farmi un’idea decente
di cosa potesse essere, la sua testa, i suoi intenti. Avevo in mente solo tante
facce somiglianti alle solite di ogni manifestazione, ma, stavolta, non ero tanto
convinto di rivedere davvero le stesse. Ci spero ancora, in novità concrete e
spiazzanti. Insomma arrivo lì, saluto Sonia che m’informa su fumi neri e facce
brutte che avanzano. Mi ritiro, e arrivo al Melograno verso le quattro. Mentre
allestiamo lo spazio per il laboratorio, che andrò a condurre per papà e figli,
di massimo due anni, si sentono i primi boati. Vedo dalla finestra una signora
dell’associazione che passeggia nervosamente, piagnucolando, nel giardino.
Parla al cellulare, perché sta cercando di mettersi in contatto col figlio che
sta alla manifestazione. Da lì a poco ci incolliamo tutti su Rainews24;
immagini di panico e violenza. L’odore dei lacrimogeni s’infila nelle stanze
ovattate. Noi sbigottiti stiamo rintanati in ufficio, un papà col figlio in
braccio, pronto per il laboratorio, che viene richiamato dalla moglie a casa: è
preoccupata mia moglie, vado. Ciao. Cazzo, qui salta tutto. Un’altra che “tifa
rivolta”, ma poi si angoscia, poi ancora farfuglia ricordi antichi e voglie di
vendette al presente. Sbotto: lì è scontro fascista. Tutte e due le parti
stanno giocando a chi fa più il fascista. Ma che cazzo significa fascista?
Volevi facce nuove e parli di fascisti. Sei strano pure tu. Isoliamo la
“facinorosa” melograna, e subito si apre un dibattito sulla mancanza di
servizio d’ordine: una manifestazione così vasta e plurale non si attrezza con
un minimo di servizio d’ordine. Caspita. Poi altre immagini, stavolta non buie di
lacrimogeni ma assolate di belle persone che avanzano tranquille da via
Labicana. Caspita, queste vanno verso la carneficina, fermateli! E dài, “fate
qualcosa di sinistra”…penso.
Arriva una famigliola scombinata ma
simpatica, la bimba dorme. Poi ne arriva un’altra, di famigliola, sfuggita al
parapiglia di S. Giovanni, noi stiamo ad appena cinquecento metri dagli scontri. Sono nordici
ma vivono a Roma, e hanno un figlio di sei anni che mi racconta con precisione e
passione il percorso che compie con la bicicletta per andare a scuola. Ecco il
futuro che abbraccio: un’idea chiara descritta bene e vissuta intensamente.
Finito il laboratorio surreale, m’incammino verso Re di Roma. Mi fermo al
bancomat. Ancora ottanta centesimi sul conto. Niente accredito. La banca
accanto ha i vetri sfondati, alcune persone fotografano gli interni devastati.
L’orrore dell’estetica del guardone. Arrivo alla metro e l’omino con fratino
giallo mi indica di entrare: cazzo un euro in più sul bilancio della
famigliola. In metro facce stravolte che raccontano, con l’acre dei lacrimogeni
in gola, la frustrazione di esserci state solo part-time, oggi. Il resto della
scena tutta per un gruppone (o)scuro, altro che decine caro Gramellini, si
trattava di centinaia di idioti globali che hanno scaraventato una bella idea
all’aria. Stai colpendo tuo nipote, mica il poliziotto; colpisci tuo padre, me,
e una città col miglior sole del mondo. Ma io l’avrei fermato? Avrei avuto quel
coraggio (indignato) di bloccare quelle braccia smagrite tese e scure, che
nervose spaccavano tutti gli spettri del potere, che assurdamente vedono lungo
queste strade alberate dai Savoia, qualche annetto fa.
Alla radio canzoni che mi guidano
fino a casa. Compro un litro di latte e arrivato a casa friggo tacchino per
tutti. Fumo innocuo sale fino ai miei occhi. Voglio impregnarmi di famiglia e
tentare di spiegare l’estetica del male a mio figlio maggiore. Che guarda
queste immagini violente e si paralizza nei suoi dieci anni tondi. Da Genova a
oggi. Ora però sono più forte, e lui è ancora più bello e sveglio, così gli
spiego che quelli che hanno manifestato nelle novecento piazze del mondo sono
persone belle e speciali. Vogliono giustizia, capito? solo a Roma ci sono stati
questi scontri brutti. E lui: beati
quegli altri ottocentonovantanove, beati loro. Beato tu figlio dalle parole più
dolci del mondo. Ecco, voglio che i miei figli vivano il mondo come occasione
per dilatare l’amore e l’entusiasmo per le cose umane. Anche per gli alberi gli
uccelli le macchine e gli aerei. Anche per le stelle e gli occhi delle ragazze;
anche per le nuvole viste da letti lontani. Nessuno escluso. Tranne l’idiozia.
http://www.repubblica.it/politica/2011/10/16/news/errori_polizia-23310861/?ref=HREA-1
http://www.corriere.it/cronache/11_ottobre_16/imarisio-giovani-ultra-del-calcio_93576d2c-f7bf-11e0-8d07-8d98f96385a3.shtml
http://www.unita.it/commenti/francescopiccolo/stanchi-anche-di-indignarci-1.274458?listID=1.58759&pos=21
http://www.corriere.it/cronache/11_ottobre_16/imarisio-giovani-ultra-del-calcio_93576d2c-f7bf-11e0-8d07-8d98f96385a3.shtml
http://www.unita.it/commenti/francescopiccolo/stanchi-anche-di-indignarci-1.274458?listID=1.58759&pos=21
1 commento:
Uno scritto scritto con cuore e testa. Mi è piaciuto molto. é vero, i picchiatori erano tantissimo, i soliti. devo farmene un'idea. AG
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