C’era il personaggio c’era. Stava
dietro la sua gonna, e cercava l’odore. Quello denso e vivo utile a tirare
fuori il carattere. I contorni netti. Poche scene, quelle necessarie a far
muovere le sue gambe in groppa ai propri sentimenti: un passo irresistibile.
Ti dico che c’era il personaggio e
nuotava a largo, intorno alla boa, lontano dagli scogli. Poi una barca lo fa
salire e lui si tuffa con stile accennato. Ancora si tuffa, e prende l’aria,
quella a filo d’acqua che contiene brodo, o sapore, di un mondo profondo e
ignoto. Sopra la sua nuca bagnata e salata un cielo blu senza nuvole. Intorno
tutto aperto, troppo aperto ché fa vedere la morte in fondo. Ma lui non ci sta
e vuota il sacco: una serie di sfumature sulle sue incapacità e di amori
impossibili appena accennati, nei suoi giorni normali.
Insomma, c’è quel mostro che scalda i
muscoli e spacca specchi, in bettole di campagna, nelle camerette
dell’adolescenza già distrutte a colpi di bastonate, nelle notti d’angoscia.
Davanti a un seno da succhiare. Un gatto da accarezzare.
Ora mi sdraio sul letto e gli faccio
lo sgambetto, intanto uno della casa va al gabinetto. Adoro queste scene
quotidiane, mentre sogno altre meridiane.
1 commento:
c'era, ma gli abbiam fatto lo sgambetto, e adesso è putrefatto sott'al letto!
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