Nel ’93 lavoravo come assistente,
inviato da una cooperativa, presso una signora che soffriva di Alzheimer. Mi
era molto simpatica, con quel suo accento del nord che utilizzava con
disinvoltura in giro per il quartiere AppioTuscolano. Una mattina, al mio arrivo,
la intravedo dal cancelletto del giardino che traffica dentro la sua
lavanderia; cerca di mettere la montagna enorme di panni sporchi nella
lavatrice facendo una fatica enorme, poiché non riesce a coordinarsi bene
davanti a quell’elettrodomestico che un tempo avrebbe domato in un attimo. Non
ce la fa e si vede. Mi commuovo a quella scena, ma, una volta dentro il
giardino, mi arrabbio un po’ ricordandole che mi avrebbe dovuto aspettare,
poiché l’avremmo fatto insieme il bucato, così come d’accordo preso insieme
all’assistente sociale. Si mette a
ridere e mi dice che sono dolce. Lo è lei senz’altro - anche perché nonostante
il figlio tossico che spesso la
maltrattava cercando di estorcerle soldi - resiste col suo stile discreto dentro a una
casa diventata troppo grande dopo la sua malattia e la morte del marito. Il
figlio quando non va in crisi è tranquillo e sonnecchia più del tempo in camera
sua. Questo ragazzo allo sbando mi obbligava ad ascoltare le sue composizioni
malinconiche chitarra e voce, live nella sua cameretta; mi faceva pure
ascoltare musicassette registrate tempo prima, quando si faceva un po’ di meno,
e collaborava con altri musicisti. Così diceva. E io lo ascoltavo, coi miei vent’anni,
i capelli lunghi e tutte quelle illusioni speranzose che mi hanno fatto vedere
decine e decine di film in giro per la città; mi hanno fatto leggere libri come
mai era successo prima. Alla fine queste illusioni mi hanno fatto vedere pure
Rutelli, poco prima che diventasse sindaco, dentro a una Ritmo beige al
tiburtino terzo, subito dopo un comizio davanti a una platea di borgatari e me.
Questo perché ero curioso fino all’osso, e dopo anni di attese in una piccola
città di mare ora mi toccava nuotare tra le splendide aspettative in una Roma
ancora più polverosa e per niente eterna, che si sdraiavano ogni giorno davanti ai
miei occhi sensibili.
L’ultima volta che ho visto la
signora con l’Alzheimer stava al S. Giovanni, tra altri malati, e con suo
figlio accanto al letto. Di lì a poco un parente del nord l’avrebbe portata a
vivere con sé; del figlio non ho saputo più niente. Il mio intervento
assistenziale è apparso, alla luce dei fatti, e per una logica di welfare,
perlopiù inutile.
Questa cosetta mi è venuta in mente
dopo aver letto il pezzo di Pascale.
Ecco, pensando a Roversi penso anche a questa canzone:
4 commenti:
che bello. molto sciolto, free. così, bravo, così!
Di bello c'è pure il tuo commentare salutare.
grazie
ho la pelle d'oca a sentire Dalla_Roversi.
(e ti leggo sempre volentieri, e la signora e il figlio e te, mi par di vedervi).
Il piacere è mio nell'ospitarti. Quel pezzo di Dalla-Roversi anche a me fa venire i brividi, e in particolare questa versione di Fiumani...
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