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lunedì 12 gennaio 2015

Mascheriamoci da scrittori. E ridiamo, ridiamo...una possibilità.

   Quelli poi non l’hanno mica letto il mio racconto. Ci ho impiegato un mese per scriverlo: tutte le mie ferie. Porca miseria, va. Loro andavano al mare e io ticchettavo con il ghigno moraviano che mi faceva apparire misterioso, sì, ma lo ero soltanto per mia suocera che preoccupata continuava ad occhiarmi. Ma come, scrivo un racconto grosso, gonfio, romanzato, purafiction e tu, oggi, gennaio 2015, ancora non ti degni di leggerlo?
Porca miseria!
Mo’ organizzo ‘na serata a tema a casa mia: tutti mascherati da scrittori. Scegliete: chi da esistenzialista, chi da romantico, chi da tardo fricchettone, eppure gli scansati vanno bene, eh. Io mi maschero da contemporaneo di nicchia.  
Rido, per dio. E poi verso vino, e ascolto tutte le vostre battute col ghigno da scemo eccitato, a un certo punto mi metto come al solito vicino alle femmine e parlo e ascolto dei problemi e delle frustrazioni della nostra età: ‘sta smania nevrotica la conservo pure quando rido da scemo. Poi, all’improvviso, vado in camera e mi vesto tutto di bianco, prendo una sedia impagliata e ci salgo su e mi metto a urlare sguaiatamente: perché non avete ancora letto il mio racconto? la prucidana si è impossessata di me, vecchia e informe femmina dei vicoli della mia infanzia. Così, prima che cali la tensione nel salone entra Antonio - avvisato via sms – e prende la sedia, inforca gli occhiali e comincia a leggere il mio racconto. “Nel ’92 feci una breve vacanza…” Io accanto a lui abbasso lo sguardo e godo, come un cagnolino godo nel sentire queste parole uniche, mie, che cadono addosso a voi, mezzi imbriachi e mezzi schizzinosi. Eccheccazz! Ho sprecato le ferie, con gli occhi di mia suocera addosso, e senza aria condizionata nella stanza, neppure una limonata con quel caldo e tu, voi, che leggete tutti i post di fèsbùc, tutti, pure quelli di zia Lia dal Lussemburgo, ma il mio enorme racconto non lo leggete? Maledetti! Antonio a un certo punto molla, dice che non c’è attenzione in sala. Già, lui è abituato alla sala Umberto; ma gli ho pure pagato il taxi, e dato tre litri di olio buono in anticipo. Anto’, sussurro, Anto’ che figura di merda, non mollare pure tu. Anto’…

Eccomi nella saletta del pronto soccorso a leggere l’etichetta del sedativo giallo, c’è un sole pallido fuori, e capisco tutto, senza che me lo dica lui tutto incamiciato di bianco: le ferie son sacre, la prossima volta porta una limonata alla suocera e scappa di corsa al mare a limonare con tua moglie.

Ma lo vuoi leggere o no ‘sto racconto?

(La prego, signore, si corichi adesso e sogni le ferie).


Il novenne che ero ascoltava questa canzone sdraiato nel letto, attirato dal suo testo misterioso, e aspettando la parolaccia finale, speravo che mia madre intanto fosse uscita dalla mia stanza. Ciao Pinodaniele.

3 commenti:

Capitan vongola ha detto...

Ma chi sei tu!! Chi ti conosce? Ma hai mai pubbbblicato? A me se non lo consiglia un critico serio non leggo nemmeno il bugiardino dell'antidepressivo....

Anonimo ha detto...

Ma anfatti, ma chi è questo che se mette a scrive apposta de anda in ferie? No schiovato sarà.
Poverello va. L'hanno pure ricoverato mo.
Ciao bello.

Capitan vongola ha detto...

Giusto per puntualizzare: a me Pino Daniele ha sempre fatto cagare. Prima, dopo. sempre. Grazie. Però m'hai fatto ridere tanto. Grazie Pé!